Vizio di forma L’amore in un’unica tirata

Il regista statunitense Paul Thomas Anderson è giunto alla sua settima prova registica con il film Vizio di forma (titolo originale Inherent Vice) uscito nelle sale italiane il 26 febbraio. Abbandonando in parte lo stile narrativo e la poetica di altri suoi film, come Magnolia e Il petroliere, Anderson si tuffa in un restyling delle lacere vesti del noir, condotto attraverso un viaggio psichedelico, fatto di sogni artificiali e situazioni paradossali, che coinvolgono lo spettatore nel trip dei protagonisti, lasciandogli la stessa sensazione che si prova dopo una buona fumata d’erba.vizio di forma A fare da guida in questo viaggio allucinato e allucinogeno è Larry Sportello detto Doc, un investigatore privato, che esercita la sua professione in un bizzarro studio medico o, in alternativa, nella sua casa sulla spiaggia. Questo novello Philip Marlowe, perennemente strafatto, è coinvolto in una complessa indagine dalla sua vecchia fiamma, Shasta Fay, nel tentativo d’impedire che il suo nuovo pigmalione, il miliardario Mickey Wolfmann, sia rinchiuso in una casa di cura da sua moglie e dall’amante di lei. Questo sarebbe di per sé sufficiente ma Doc avrà anche la possibilità di sventare un vasto traffico di droga, condotto sulla nave fantasma Golden Fang e, contemporaneamente aiutare un uomo morto, che in realtà è invece un agente infiltrato, ad abbandonare la sua vita clandestina e a riabbracciare sua figlia e sua moglie, ex eroinomane. Il tutto con l’”aiuto” del tenente Christian Bjornsen, poliziotto-attore, che odia gli hippy e ama calpestare i diritti civili, come appare evidente dal suo taglio di capelli. Il film procede come un vero e proprio turbinio cosmico, che inghiotte con la sua forza d’attrazione la continuità narrativa e l’unità della trama, lasciandoti con il dubbio che quello che stai vedendo non stia accadendo davvero. Dopo pochi minuti cominci a grattarti perplesso la testa e a chiedere al vicino “ma cosa sta succedendo?”, alla fine però l’impressione che resta è proprio quella di una tirata di marijuana, che non lascia tracce, se non il vago ricordo dei “viaggi” intrapresi. Altro punto di forza della pellicola è il cast, a partire dai due antagonisti, lo straordinario Joaquin Phoenix, divenuto ormai un attore dalla statura interpretativa eccelsa, che riesce a passare da un ruolo all’altro, spesso agli antipodi, con una naturalezza eccezionale e Josh Brolin, che ha già indossato i panni dell’autorità senza compromessi nel terzo capitolo della saga di Men in Black, anche lì con risultati esilaranti. Tanti altri attori di primo piano, come Benicio del Toro, Reese Witherspoon e Owen Wilson, senza dimenticare la superba e sensuale Katherine Waterstone, che interpreta il deus ex machina della vicenda, la solleticante Shasta. Da segnalare il cammeo azzeccatissimo della pornostar americana Belladonna, che i cultori del genere apprezzeranno sicuramente. Questo film ha il merito indiscusso e il pregio di presentare, all’interno di una confezione apparentemente leggera, un affresco magnifico della fine di un’era di aspettative e speranze, rivelatasi poi meno ricca di ciò che prometteva e un’attenta riflessione sulla natura contraddittoria dell’amore, intenso ma breve, appassionato ma incostante. Da vedere sicuramente, meglio se “rilassati”.

 

Patrizio Pitzalis

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