Una vita da favola. L’autobiografia di Diane von Fürstenberg

 

 

La donna che volevo essere”, si intitola così l’autobiografia di Diane von Fürstenberg. E tu pensi che sia un libro che parla di rimpianti ed invece è qualcosa di molto diverso. All’età di 68 anni questa signora della moda racconta di come sia riuscita a diventare esattamente quello che desiderava essere. La sua vita è stata scandita da amori, fallimenti e successi. Diane ha attraversato i decenni più tumultuosi del secolo scorso con una grazia e un’ironia da fare invidia. Il suo ultimo ed attuale marito, il magnate delle tecnologie digitali Barry Diller, ha dovuto aspettare molti anni prima di poterla sposare nel 2001. Pur essendo un matrimonio felice, ognuno dorme per conto suo: lei nell’appartamento nel Meatpacking District di New York, dove ha sede il quartiere generale della sua casa di moda, lui in un famoso albergo della grande Mela. È stato negli anni Settanta che il suo marchio, DVF, è esploso grazie a una intuizione geniale che cambiò la storia della moda. Il mitico wrap dress, meglio conosciuto in Italia come abito a portafoglio, si impose nel 1974. Una comoda vestaglietta in jersey ebbe dunque il potere di liberare il corpo delle donne da lacci e bottoni, introducendo un elemento DVF_Librorivoluzionario nell’abbigliamento femminile paragonabile alle innovazioni targate Coco Chanel. Non è un caso che, in tempi recenti, Diane abbia dedicato una Capsule Collection (in foto dal sito elle.it) proprio al capo che l’ha resa celebre nel mondo. Negli anni della liberazione sessuale, d’altronde, c’era bisogno di un vestito che si sfilasse con facilità. La stilista non fa mistero di avere avuto tantissime storie e ad un giovane giornalista del Times ha dichiarato: “La mia gioventù si è svolta tra l’avvento della pillola e il diffondersi dell’Aids. Mentre per i miei poveri figli, e per te, è stato diverso. L’Aids ha cambiato per sempre il modo in cui pensiamo il sesso.” L’attualità del suo lavoro non è solo confermata dal ritorno della moda Seventies, ma anche dall’esempio che seppe dare al mondo in fatto di scelte di vita e di stile. In un’altra intervista, rilasciata al Corriere, ha dimostrato che, al tempo della moda genderless, lei è stata comunque un passo avanti, quando negli anni Settanta andava da sola al mitico Studio 54, la discoteca più cool di New York. Ripensando a quegli anni, oggi può dire: “Ho realizzato i miei sogni, ho vissuto le mie fantasie, ho avuto quello che volevo: la vita di un uomo nel corpo di una donna”. A dire il vero la sua vita è stata scandita più da una donna che dai tanti uomini famosi e potenti che le sono stati accanto. Sua madre, Lily Nahmias, era sopravvissuta al campo di concentramento di Auschwitz e ai suoi genitori, i nonni di Diane, pare che avesse fatto recapitare un biglietto su cui c’era scritto: “Voglio che sappiate che parto col sorriso”. Non vogliamo aggiungere altro per restituire il piacere di leggere questo libro istruttivo sulla moda e soprattutto sulla volontà di realizzare i propri sogni.

Pasquale Musella

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