Una nuova vita per il Colosseo è ancora possibile?

L’archeologo Daniele Manacorda avanza una proposta per ripristinare la copertura dell’arena dell’Anfiteatro più famoso del mondo, rendendola nuovamente fruibile, e subito si scatena un vespaio di polemiche tra chi vuole mantenere lo “status quo”, perché rudere è bello, e chi vuole restaurare ciò che il tempo ha distrutto.

 

 

L’Italia è un meraviglioso paese, dove accade tutto ed il contrario di tutto; abbiamo uno dei più ricchi patrimoni artistici, storici, archeologici e paeseggistici dell’intero universo, una ricchezza invidiata da tutti, che però non sappiamo né gestire, né conservare, né renderla turisticamente appetibile. Moltissimi dei nostri tesori, sparsi per tutta la Penisola, versano in condizioni pietose, disperate, necessitano di forti interventi di restauro, ma né il pubblico, né il privato, per molteplici e tra i più disparati motivi, riesce a trovare fondi utili alla loro conservazione.

Una mano, forse, finalmente, la darà il decreto cultura a firma del Ministro Franceschini,  che introduce moltissime novità, tra le quali il noto “ArtBonus“, che consente ai privati di dedurre dalla loro dichiarazione dei redditi, le donazioni devolute per il restauro dei beni pubblici; ma ad esso andrebbe affiancato un vero piano strategico del turismo, che coinvolga tutto il sistema Paese, e non solo i centri maggiori o più conosciuti. Una sinergia questa, che darebbe occupazione a moltissime persone, in tempi di crisi, senza dover investire un solo euro per costruire fabbriche o stabilimenti, e potrebbe rivelarsi uno straordinario volano per il rilancio della nostra economia, in un periodo di forte crisi e di contrazione economica.

Basta fermarsi a leggere i freddi numeri per renderci conto di quanto siamo indietro, in questo percorso: il resto dell’Europa, pur avendo un patrimonio assai inferiore al nostro, da lavoro a quasi 4 milioni di persone, circa il 2,6% del PIL, mentre noi, ci fermiamo ad uno scarsissimo 1,1%, pur avendo patrimoni unici, d’inestimabile valore, come la Valle dei Templi, Pompei, il Colosseo, solo per ricordarne qualcuno.

Appunto, il Colosseo. E’ notizia di qualche giorno fa, la proposta, pubblicata sulla rivista Archeo, dell’archeologo Daniele Manacorda, docente presso l’Università degli Studi Roma Tre, il quale ha leggittimamente asserito la possibilità di “rivestire” l’arena del Colosseo, per renderla nuovamente calpestabile e, di conseguenza, di nuovo fruibile.

Una proposta semplice, logica, di buon senso, che riporterebbe il Colosseo ad una immagine familiare, visibile sino all’800.

Il discorso che fa il Professore è abbastanza di facile comprensione: sino all’800 il Colosseo aveva un’arena ancora calpestabile, poi il tempo, l’usura e una morbosa indagine archeologica, ha pian piano scoperto il piano di calpestio, mettendo a nudo i sotterranei dello stesso Anfiteatro. Essi sono stati una fonte inesauribile di dati per tutte le indagini archeologiche fatte, ma nessuno si è posto, poi il problema di ricoprire ciò che per definizione, sta sotto. I sotterranei del Colosseo, così, sono rimasti alla luce del sole, secondo un “macabro” principio per cui la rovina di un manufatto è parte essenziale della sua storia, ed una sua ricostruzione appare come un dato futile, come un fatto puramente turistico, commerciale, o, semplicemente edonistico. Così è per il Colosseo, come lo è per molteplici siti, dove, ad esempio, nonostante vi siano tutti i rocchi, nessuno osa rimettere in piedi la colonna caduta. Forse per il puro effetto che il rudere piace di più, racconta meglio, di un manufatto ancora integro.Colosseo3

L’archeologo Manacorda, non ha mai detto di nascondere di nuovo i sotterranei dell’Anfiteatro più famoso al mondo, ha semplicemente proposto di riprodurre la copertura originaria, al fine di rendere nuovamente fruibile la sua arena, mantenendo comunque la possibilità di visionare, scendendo nel suo ventre, tutti quei cunicoli, quei sotterranei, che sono comunque testimoni della sua storia.

Ovviamente, la proposta ha raccolto qualche autorevole plauso, come quello del Ministro Franceschini, che affida ad un tweet, il suo pensiero: “L’idea dell’archeologo Manacorda di restituire al Colosseo la sua arena mi piace molto. Basta un po’ di coraggio“, e tantissime bocciature, come quelle dello storico dell’arte Tomaso Montanari e di Salvatore Settis.

Il mondo della cultura subito si è diviso sulla proposta abbozzata dal Professore Manacorda, addirittura ponendo questioni etiche in materia, forse credendo che l’Anfiteatro così, sia migliore che ricoperto e fruibile, come, ad esempio lo è l’Arena di Verona.

Magari, si potrà dare una nuova vita allo stesso Anfiteatro, che da ombelico di Roma, è sempre più divenuto una sorta di gruviera, utile al turismo di massa, che invade le sue gradinate, senza capirne spesso la sua funzione primaria. Perchè proporre al suo interno spettacoli degni di nota, come lo è per l’Arena di Verona, restituirgli la dignità di Anfiteatro, ossia di luogo ludico, e non quella di reperto storico da ammuffire sotto teca, protetto da un conservatorismo inutile e deprecabile, appare oggi, ancora una blasfemia da combattere con tutti i mezzi.

Utilizzarlo per il “commercio”, per il turismo, di qualità e non di massa, potrebbe inoltre favorire il reperimento, più facile, di fondi utili al suo stesso mantenimento.

Ma come ha scritto lo stesso Vittorio Sgarbi, in un articolo apparso su Il Giornale: “sono certo non si realizzerà, nonostante lo slancio da neofita di Franceschini“, perché attorno al Colosseo, il dibattito si fa sempre rovente, aspro e duro, non ultimo è la serie infinita di attacchi, critiche e strascichi giudiziari, inerenti al suo restauro, finanziato da Tod’s.

E mentre il mondo accademico discute e decide su quale futuro dare all’Anfiteatro, simbolo di Roma, il Colosseo, attende inerme il dafarsi…ma lui non ha fretta, tanto è lì solo da duemila anni!

 

R.Z.

 

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