Un solo autore per due brand così diversi: Tony di Corcia e i suoi volumi su Valentino e Burberry

Valentino Garavani, per il mondo della moda semplicemente Valentino da oltre cinquant’anni, in un libro che lo racconta attraverso la voce dei personaggi che hanno fatto parte del suo percorso professionale e privato e con le voci di un dizionario che ripercorre tappe, eventi, icone, temi, colori, luoghi di una carriera durata mezzo secolo. valentino-b[1]«Valentino. Ritratto a più voci dell’ultimo imperatore della moda» del giornalista Tony di Corcia ed edito da Lindau, verrà presentato durante la prossima edizione di Altaroma, in programma a fine gennaio. Grandeur e creatività, bellezza e lusso, successo ed eleganza: questi gli ingredienti della straordinaria storia di Valentino, forse il più grande stilista italiano del XX secolo, con il racconto di Tony di Corcia– già autore di una intensa biografia su Gianni Versace- a rievocarne la lunghissima carriera attraverso le voci di alcuni dei personaggi a lui più vicini. Da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, che ne hanno preso il posto alla direzione creativa della maison, ottenendo straordinari successi, a Marta Marzotto e suo figlio Matteo, che ne è stato dirigente generale durante i primi anni della cessione, alle giornaliste Adriana Mulassano e Giusi Ferré, da Pat Cleveland a Matt Tyrnauer: questi, e molti altri, i personaggi che hanno raccontato a di Corcia il “loro” Valentino, rivelando il volto meno noto di uno stilista che ha portato il Made in Italy a un successo senza precedenti, ma soprattutto quello di un uomo che pur essendo vissuto sotto i riflettori ha sempre preferito mantenere la sua vita privata al riparo da occhi indiscreti. E poi, da «Addio» a «Ziegfeld Girl», il capitolo/dizionario Valentino, un couturier dalla A alla Z dove c’è tutta la storia, la vita, i successi dell’ultimo imperatore della moda. Di recente, lo stesso giornalista è stato anche autore, sempre per Lindau, della prima e unica biografia, in 157 anni di storia, del brand più british al mondo, «Burberry. Storia di un’icona inglese, dalla Regina Vittoria a Kate Moss»: dalla fondazione ai giorni nostri, fino al passaggio dell’amministratore delegato, Angela Ahrendts, alla Apple e la sua sostituzione con il responsabile creativo, Christopher Baley, che manterrà anche questo incarico, creando così un prima e un dopo nella moda.«Fetch me my Burberry». Mi faccia portare il mio Burberry, una frase pronunciata poco più di un secolo fa, si rivela antesignana di dialoghi più contemporanei – quando un nome può essere sinonimo di un indumento e un’affermazione simile non desterebbe alcuna sorpresa – e la sua eccezionalità si amplifica se si considera che a pronunciare questo invito è stato un Re. Edoardo VII annetteva così un overcoat impermeabile al suo pregiatissimo guardaroba di regnante, battezzava – forse primo nella storia – un indumento con il cognome di chi lo aveva realizzato e consegnava alla celebrità internazionale l’intuito, la passione, la capacità di precorrere i tempi di un sarto inglese dallo spiccato spirito imprenditoriale. La storia di Burberry poggia infatti interamente sulle intuizioni e sulle invenzioni del suo fondatore, Thomas Burberry, ex assistente di un sarto che nel 1856 apre un emporio nella cittadina di Basingstoke: ha soltanto 21 anni ma, aiutato anche dall’atmosfera di fiducia ed entusiasmo tipica dell’età vittoriana, sta già dando vita a un autentico simbolo dell’eleganza inglese. Tony di Corcia, durante la scrittura del libro, ha avuto accesso agli archivi della casa di moda e consultato la stampa dell’epoca, ripercorrendo le tappe principali del brand e realizzando così l’unica biografia di un marchio unico. Dalle sue invenzioni più celebri (per esempio il tessuto waterproof leggero e traspirante diventato un classico) al recente e sapiente utilizzo delle nuove tecnologie, Burberry è oggetto di un culto trasversale, un’icona che continua a brillare.1

Claudia Proietti

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