Sochi 2014. La polemica che viene dal freddo

1111Volge al termine la prima settimana delle Olimpiadi Invernali di Sochi, iniziate con una lunga serie di polemiche internazionali. Del resto, i Giochi Olimpici hanno spesso avuto un significato e un’importanza che sono andati ben oltre l’evento sportivo. Spesso la politica ha avuto una risonanza notevole, basti pensare alle Olimpiadi di Berlino del 1936, con la presunta rivalità tra Jesse Owens e Hitler, o i giochi di Monaco del 1972 dove la politica sfociò nella tragedia con l’attentato in cui persero la vita in totale 11 atleti israeliani, uccisi dal commando di terroristi dell’organizzazione palestinese di Settembre Nero. Ancora, famosissimo il boicottaggio ai giochi del 1980 di Mosca, in piena Guerra Fredda, a cui non parteciparono gli Stati Uniti, “cortesia” restituita nell’edizione successiva del 1984 a Los Angeles, alla quale non aderirono l’Unione Sovietica e molte nazioni del cosiddetto blocco comunista. Quest’anno la polemica ha avuto una connotazione più sociale che politica. Tutto è stato scatenato dalle controverse e discusse leggi contro “la propaganda omosessuale” promulgate dallo stato russo e firmate dal presidente Putin nell’estate scorsa. Di fatto questi provvedimenti vietano la pubblicità o propaganda che utilizzi immagini in difesa o in favore dei gay, prevedendo multe salatissime per le persone fisiche e astronomiche per le aziende. La comunità internazionale ha subito bollato queste leggi come omofobiche e discriminatorie nonché lesive della libertà di espressione. Inoltre, il fatto che il testo non specifichi il significato preciso dell’espressione “propaganda omosessuale” dà adito a molte interpretazioni arbitrarie da parte delle autorità ufficiali. L’omosessualità, reato durante il comunismo, non è più perseguibile penalmente dal 1993, ma in Russia persiste ancora un forte pregiudizio. Secondo un’indagine recente, il 38% dei russi crede che gli omosessuali abbiano bisogno di cure mediche, il 13% vorrebbe che l’omosessualità fosse considerata reato e l’85% è contraria ai matrimoni gay. L’indignazione della comunità internazionale, dunque, avrebbe tutte le ragioni di essere se non fosse che, come spesso accade, essa si è espressa nella maniera più sbagliata e incoerente. Si sono susseguite dichiarazioni di sdegno e condanne serie e sentite da parte di tutti i paesi occidentali, ma al momento di fare qualcosa di concreto e veramente importante, non è stato fatto nulla. L’occasione perfetta erano proprio queste Olimpiadi, alla cui cerimonia d’apertura non ha voluto partecipare, tra gli altri, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama e molto pesanti sono state anche le affermazioni del segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon. Però nessuno dei paesi partecipanti ha avuto l’idea (e il coraggio) di non presentare i propri atleti alla manifestazione. Lo stesso CIO (Comitato Olimpico Internazionale) non ha preso nessun provvedimento, non ha sanzionato né ammonito la Russia per la sua evidente violazione dei diritti umani. Sarebbe stato davvero un segnale forte e concreto se si fosse proibito alla Russia di ospitare questa importante manifestazione, il cui spirito è legato alla fratellanza, l’uguaglianza e alla lealtà verso gli avversari e i compagni. Il discorso sarebbe molto più ampio e coinvolgerebbe anche altre manifestazioni, come i Giochi Olimpici di Pechino del 2008, organizzati da una nazione in cui non sono garantiti i diritti civili minimi ad una grande maggioranza della popolazione e in cui sono ignorate totalmente tutte le convenzioni internazionali sul rispetto dell’ambiente. Nel periodo di preparazione dei Campionati Europei di calcio in Polonia e Ucraina, sono state fortissime le polemiche per la mattanza dei cani randagi, massacrati dall’autorità pubblica per garantire ai turisti città più “pulite”. Infine, un evento futuro come i Campionati Mondiali di calcio che si disputeranno in estate in Brasile. Da quattro anni l’organizzazione sta spendendo e spandendo in barba ad una popolazione in condizioni di miseria in molti casi disperate, comprimendo una situazione economica ormai drammatica. Che grande segnale sarebbe non inviare la propria squadra all’evento oppure vietare al Brasile l’organizzazione qualora non presenti una documentazione che certifichi la validità del progetto e la sua sostenibilità nei confronti della popolazione. Ma tutto questo non accadrà e non sarà fatto, perché troppi sono gli interessi, vorticosi i giri di denaro e profondi la corruzione e il malaffare. La speranza di tutti gli sportivi è che in futuro le cose cambino e si possano ammirare le grandi imprese degli atleti, la loro forza, l’agilità, il coraggio e la lealtà, veri esempi positivi che solo lo sport, ormai, è in grado di dare.

 

Patrizio Pitzalis

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