Ritornare

22222222222222222Perché “tornare” è il senso di ogni esistenza, di ogni vita, di ogni respiro, di ogni viaggio: anche di quelli lasciati a metà, anche di quelli in cui ci si perde. Un giorno qualunque d’aprile, ad esempio, a Londra.

Mentre io continuo a perderla nell’attesa di quell’alba, sulle scale della stazione, mentre la città riprende il suo passo e la notte non è ancora finita.

Così credo di averla perduta. Ci siamo persi chissà dove. Laggiù, forse, fra la folla di un mercato domenicale fra il fiume e la ferrovia; magari mentre attraversavamo il parco, o il ponte. Sì, sarà successo lì, mentre ero distratto a guardare gli alti forni della centrale elettrica abbandonata.

O forse l’ho perduta quando cercavo di respirare sott’acqua, sotto la pioggia e in mezzo ai ricordi accumulati in alte cataste allagate da un cielo capriccioso.

Tuttavia qualcosa dentro mi dice che lei è rimasta lì, che ci siamo perduti in qualche modo, e che lei è rimasta lì. E deve esserci ancora. Da qualche parte.

Lei deve essere ancora lì da qualche parte a Londra.

Ho provato a cercarla; ma come fai a ritrovare una singola persona in un posto come quello? Dico, ci sei mai stato? L’hai mai vista Londra tu? Puoi attraversarla avanti e indietro senza incrociare mai lo stesso sguardo due volte.

Ci siamo separati sotto le nuvole d’aprile, quando il cielo è ancora indeciso di quale stagione vivere. Ed anche una volta tornato da dove venivo ho continuato a vederla in ogni riflesso, vicina a me. Ma non potevo toccarla, né parlarci; come in quei sogni che non riesci a svegliarti e ti gonfiano la gola di angoscia.

È stato come inseguirsi, capisci? La vedevo ovunque ma non riuscivo a trattenerla, a fermarla, nemmeno a parlarle.

Volevo solo chiederle come stesse, solo questo, davvero.

Come stai? –le avrei chiesto- Come ti senti oggi?

Come si vive fra quelle strade che conoscono a malapena il tuo nome, come si vive quando sei lontano, quando scegli l’esilio; e se da così lontano si riesce a tornare.

Forse il centro della sua distanza è proprio questo: lei non sa tornare.

Vorrei fosse possibile aiutarla, vorrei farle vedere come si fa, avrei voluto mostrarle il modo.

Non certo quello giusto –non lo conosco, solo il mio. Perché io so farlo – tornare – io so bene come si fa, una volta ci sono riuscito.

Però so che non può. Non oggi. Forse ha paura; forse è solo spaventata.Sta di fatto che lei ormai cammina laggiù, persa da qualche parte a Londra. Ed oggi vive la sua vita immersa nella distanza, dopo aver lasciato dietro di se solamente una scia di profumo e qualche fantasma. E mentre lei imparerà come tornare, così io dovrò imparare altro.Dovrò rassegnarmi ed imparare come si fa a smettere di correre dietro ai suoi spettri, che sono ovunque. Così dovrò imparare a danzare coi miei demoni e con i suoi spettri, fedeli nel tempo e nello spazio.Spero che la Vita che ha scelto le porti tutta la bellezza ed sorrisi che le sono dovuti, anche quelli che non sono stato in grado di donarle io. Spero che nel suo percorso impari finalmente come tornare. Anche se non da me. Perché l’ho amata davvero, coma mai prima era capitato.E se le sue ultime parole dicevano il vero, vorrei che non sentisse più tutto quel vuoto. Perché il vuoto ti succhia via l’anima, sai?Tu sei seduto e non puoi muoverti mentre senti il petto svuotarsi così velocemente da restare senza fiato, da compiere uno sforzo di volontà per il semplice atto di respirare. Per questo tutto il resto non conta –meglio- sembra non avere più valore: perché sei concentrato con tutto te stesso per restare vivo, per continuare a respirare. E diventa un sollievo qualunque attività che ti impedisca di pensare che non riesci più fare altro, perché appena ti fermi ti rendi conto che il tuo vuoto sei solo tu; e questo non puoi accettarlo. E non è una forza misteriosa a succhiarti l’anima dal petto, ma sei ancora una volta tu che cerchi di strapparla via, di sputarla fuori con ogni soffio ed a tirarla dentro di nuovo ad ogni fiato.E’ questo che rende infinita quella lotta che ti lascia esausto e sfinito la sera.Vorrei che non provasse tutto questo, vorrei dirle che andrà tutto bene. Perché chi si ferma non è perduto, è solo stanco. Vorrei sapesse che anche dovesse cadere in ginocchio da me non avrà nessuna predica sulle sue scelte, ma acqua da bere e abbracci e un posto in cui riposare.

 

Giampaolo Giudice

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