Parola chiave della moda primavera/estate 2014: Lettering

Cos’è il Lettering di cui tanto si parla ultimamente sulle riviste di moda? Il dizionario online di Treccani scrive: “Nel linguaggio della pubblicità e della grafica, [il lettering, n.d.r.] l’operazione di scegliere, secondo opportuni criteri, i caratteri con cui comporre il testo che accompagna un annuncio pubblicitario, o che in genere serve di commento e integrazione a un’immagine, a un disegno o serie di disegni (per es., un racconto a fumetti)”. Allora cosa c’entra la scelta della tipologia di carattere (il font) delle lettere stampate con la moda? È una storia molto lunga quella che lega le parole ai tessuti, come spiega Sofia Gnoli in un articolo apparso su Repubblica (12 aprile 2014). Il tutto comincia nel lontano 1935 quando Elsa Schiaparelli – stilista italiana di prim’ordine e diretta concorrente di Coco Chanel – torna da un viaggio in Danimarca e chiede a Colcombet di realizzare un tessuto con delle scritte sul modello dei cappelli fatti con la carta dei giornali e utilizzati dalle mogli dei pescatori. La Schiaparelli precorse i tempi perché raccolse e assemblò tutti quegli articoli di giornali che parlavano di lei, stampandoli su tessuti come seta e cotone, in modo tale che chi li indossava portasse in giro una sua creazione e, per dirla con il linguaggio di oggi, il suo brand. La liaison tra le parole e la moda viene ad essere teorizzata già dal grande semiologo francese Roland Barthes quando scrive: “È un’illusione credere che la moda sia ossessionata dal corpo. La moda è ossessionata da un’altra cosa […] la Lettera, l’iscrizione del corpo nel linguaggio semantico dei segni”. Il Lettering, il Naming (il nome assegnato ad un prodotto), il Branding (le azioni orientate al posizionamento identitario dell’azienda) sono parole del marketing e che ben si attagliano al campo della moda perché, al di là della profonda riflessione di Barthes, consentono di fare pubblicità alle Case di moda. La parola stampata ha conosciuto alterne vicende perché era in voga sul finire degli anni Ottanta ed è tornata in auge nel 2014. Non sempre le parole e/o le immagini richiamano il logo dell’azienda, anche se alcuni come la doppia c di Chanel sono così noti che molte persone creano da sole magliette “brandizzate”. I casi di Alexander Wang, Vivienne Westwood, Rocco Barocco, Kenzo (in foto) mostrano come gli stilisti utilizzino le lettere per portare avanti le proprie idee. Nel campo della fashion, una delle idee che più spesso vediamo sfilare sulle passerelle è certamente quella ecologista. Abiti denuncia ci ricordano che cambiamenti climatici, pesca intensiva, disboscamento, cementificazione (e l’elenco purtroppo sarebbe ancora lungo) stanno danneggiando il pianeta e con esso le nostre vite. Una particolare predilezione è poi riconosciuta alla T-shirt che diventa maglietta-manifesto perché, come dice Patrizia Cafelato docente di Semiotica all’Università di Bari, “poesie più o meno celebri, testi di canzoni, frasi a doppio senso, slogan politici, sono serviti a fare della semplice maglietta un pezzo forte dell’eleganza e dello stile.” Tutto questo solo per dire che possiamo tirar fuori dall’armadio abiti scritti e stampati purché siano di buon gusto e a sostegno di una giusta causa.

 

Pasquale MusellaKenzo Paris SS2014

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