«L’INFINITO E OLTRE» L’affinità difficile fra il cosmo e la danza in scena a Civitanova

 

l movimento nello spazio e nel tempo è l’elemento che riconduce l’arte del corpo per eccellenza, la danza, all’universo. Tale nesso è infatti al centro del progetto coreografico Jupiter and beyond + Venus, andato in scena venerdì 4 marzo al Teatro Annibal Caro di Civitanova Marche. Promosso e organizzato da TIR Danza, lo spettacolo, ideato da Nicola Galli (artista eclettico, che si occupa di ricerca corporea), è diviso in due parti: Jupiter and beyond, a cui hanno contribuito anche Andrea Baldassarri, Cristine Sonia Baraga, Elisa Mucchi e Giancarlo Sessa; e Venus, realizzata in collaborazione con L’arboreto – Teatro Dimora, Rete Anticorpi XL.

La prima parte si ispira al capolavoro cinematografico 2001: A Space Odyssey di Stanley Kubrik. Gli interpreti (Alice Bariselli, Alessandra Fabbri e Nicola Galli) indagano, sulle musiche di Goldie, Aram Khachaturian, György Ligeti, Richard Strauss, il rapporto fra l’uomo e la dimensione spazio-temporale, prendendo il pianeta Giove come punto di riferimento. Seguendo traiettorie circolari o quadrate, che rimandano allo studio vitruviano delle proporzioni umane, i danzatori segnano l’affascinante spazio progettato da Andrea Mosca. L’effetto ipnotico della scena risulta potenziato dall’integrazione fra i vuoti e i pieni della musica: armonie classiche e composizioni micropolifoniche fluiscono le une nelle altre, rinnovate dal contrasto col silenzio. Unica costante è il mutamento: protagonista assoluto della coreografia e spunto di riflessione sulla vita dell’universo in generale e dell’uomo in particolare.

La seconda parte racconta invece di un fallimentare tentativo di avvicinamento da parte dell’umanità, rappresentata da Alessandra Fabbri e Nicola Galli, al pianeta Venere. Sulla superficie venusiana, sconosciuta, ostile e costellata da crateri, i due protagonisti si muovono a passi sinuosi e leggeri, accompagnati dalle musiche di John Cage, Steve Reich, Edgard Varèse. Di tanto in tanto, l’improvviso precipitare di elementi “naturali” dall’atmosfera interrompe la loro difficile ricerca di una pacifica interazione col contesto, evidenziando la loro estraneità ad esso. Sarà infine un riaffluire d’acqua ad annullare una volta per tutte il loro desiderio di comunicare con la atmosfera circostante: da lontano, compare infatti l’immagine della Terra, la Grande Madre, che richiama a sé i propri figli. Da quel momento la nostalgia del ritorno riduce a poco a poco la spinta degli astro-nauti danzanti a spingersi “oltre” e rivela quel proposito un sogno dal quale risvegliarsi al più presto.

 

Giada Sbriccoliattachment

 

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