L’artista svelata

Siamo abituati a trattare la figura femminile nell’arte come oggetto di rappresentazione, al più come musa ispiratrice, scarsamente come autrice dell’opera.

Le figure femminili dell’antichità rappresentavano un archetipo matriarcale della raffigurazione della natura. L’essere femminile, deputato alla procreazione, coincideva con la fertilità e nelle prime statuette votive o nei culti divini, donna-madre-terra-luna erano elementi connaturati ai cicli stagionali e biologici.La rivoluzione neolitica trasformò la struttura sociale ed il rapporto stesso con la natura, affermando un modello patriarcale anche negli albori dell’arte.La cultura dominante ha trasmesso così tanti esempi maschili che, nell’immaginario collettivo, la figura dell’artista coincide per analogia ad un uomo intento a ritrarre un dipinto o scolpire una statua. Persino la raffigurazione dei committenti è maschile, relegando le donne a immagini divine o regali.Nel Medioevo le donne artiste sono racchiuse nei monasteri o nei cortili domestici, dedite ad attività considerate minori, non degne di personalizzazione.Solo con la rinascita degli studi umanistici si aprirono le porte dell’apprendistato anche ad alcune donne (generalmente figlie d’arte) e alcune pittrici si affermano presso le corti locali o europee.Dal 1700 il numero delle artiste, letterate, filosofe aumenta in maniera considerevole, contribuendo alle fucine culturali del tempo.A metà Ottocento, un terzo degli artisti erano donne, tuttavia non resta loro traccia tangibile e soltanto il 7% ebbe commissioni degne di importanza.Dalla metà del secolo scorso, è in atto un processo di decostruzione della cultura androreferenziale, riscoprendo presenze femminili che rivelano un’insospettabile ricchezza, rielaborazione e creatività.Nel secondo dopoguerra la presenza di artiste si coniuga ad una rivendicazione partecipativa sociale generale. Dall’età moderna a quella post-moderna cambia il ruolo delle donne: da oggetto di rappresentazione a protagoniste ed autrici di rappresentazioni, seguendo percorsi di professionalizzazione, visibilità e peso sui mercati dell’arte. Ciò nonostante le autrici presenti nelle collezioni museali sono in media meno del 5%.Dovremo introdurre il meccanismo delle quote anche nei cataloghi d’arte?

 

Sabrina Cicinz

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