La verità digitale

La copertina dell’Economist edita il 10 settembre, suggerisce riflessioni sul valore della verità.

Un tempo la ricerca della verità impegnava profonde elucubrazioni di filosofi e pensatori e la menzogna era fonte di riprovazione sociale, nonché causa di rovescio immediato della fortuna del bugiardo.

Per questo motivo il sapere non era diffuso, nonché gestito come strumento di potere.

Le società occidentali, nel tempo, si sono aperte ad una partecipazione di massa diretta e capillare. L’esigenza di istruzione per comprendere la realtà circostante fu assicurata dall’alfabetizzazione e dall’educazione scolastica. L’evoluzione tecnologica ha permesso di governare un’infinita massa di dati e la libera circolazione di informazioni in tempo reale. Mai come oggi è possibile accedere alle fonti primarie, confrontare e relazionare fatti, testi e opinioni nello spazio e nel tempo. Ed invece, paradossalmente, la falsità e l’uso della bugia e della delazione sta soppiantando l’etica e la morale, soprattutto in ambito pubblico, in un generale clima di indifferente rassegnazione o noncuranza del mondo civile.

La disaffezione che sta infettando i regimi democratici occidentali verso la gestione della res pubblica, la classe dirigente e la politica in generale lascia spazio a leader e opinion maker sempre più distanti dal modello partecipativo disegnato dalla Carta costituzionale.

L’affermarsi di abili affabulatori che distorcono, insinuano, mentono, corrompono, con le loro movenze e toni accattivanti, platee sempre più disponibili a prestar loro ascolto, cullandosi in affermazioni che rafforzano le proprie blande, esili convinzioni, germogliate spesso nel pregiudizio, nell’ignoranza, nella rabbia verso categorie o istituzioni, evocano pericolosi ricordi del passato.

L’attuale, profonda e lunga crisi economica ha prostrato le masse e ingigantito timori e fragilità sociali, alimentando sacche di intolleranza e abulia di discernimento.

L’uso improprio dei nuovi media e la diffusione capillare di social come luoghi virtuali di dibattito e confezionamento delle notizie è preoccupante per il mondo intero. Notizie senza filtri di veridicità ed attendibilità, entrano nelle nostre case e nelle nostre menti trasformandoci in tribù virtuali avverse, senza capacità speculative, adagiandoci a realtà omologate e preconfezionate in cui anche la contestazione è già incanalata.

La naturale propensione della mente umana a prediligere soluzioni meno complesse, ostacola la ricerca della verità, propendendo per comode falsità, e facilitando imbonitori che mistificano le nozioni in ciò che la gente vuole farsi raccontare.

A contrastare tale fenomeno dovrebbero essere gli intellettuali, sempre più prezzolati e addomesticati o i giornalisti professionisti, rari e travolti dalla crisi dell’editoria e dalla scarsa propensione alla lettura.

L’unica salvezza è dunque immanente la collettività: risorgere dal torpore delle menti, consultando e confrontando più fonti, premiando le più serie ed attendibili; sanzionare socialmente ed elettoralmente coloro che creano e sfruttano una verità posticcia; partecipare consapevolmente alla vita pubblica donando prestigio e decoro agli strumenti rappresentativi esistenti, senza tradire il patto sociale con le generazioni future.

 

Sabrina Cicin

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