La grande bellezza e il grande vuoto.

Da un grande regista come Paolo Sorrentino ecco a voi  “La grande bellezza” un capolavoro cinematografico  uscito in tutti i cinema italiani il 21 Maggio 2013, un film che è riuscito a superare qualsiasi record prestabilito, ottenendo un numero altissimo di incassi mai registrati prima ad una sola settimana dalla prima proiezione.

Una sceneggiatura sicuramente insolita e fuori dal comune quella adottata dal regista, il quale ha voluto attraverso sprazzi di vita della generazione degli anni 60’ attualizzata alla nostra epoca, ed in particolare verso la storia di un personaggio in particolare, rappresentare in grande forma e realismo la decadenza della società di oggi, il trasformarsi e l’imbrunirsi di una città importante e storica come quella di Roma, circondata e costituita non più da delle fondamenta storiche e ricche di patrimonio culturale, ma esposta nella più grande mondanità ed apparenza che si sia mai vista prima.11-la-grande-bellezza-paolo-sorrentino-poster-mini

Una bellezza che non riguarda più l’essere umano nel suo essere in quanto anima, ma nella sua apparenza più squallida e triste fatta di frustrazioni, rimpianti e di trasgressioni che oramai non appartengono più alla sua natura.

Momento iniziale del film, e punto di svolta della vita del protagonista Jep, interpretato dall’attore Toni Servillo, è il compimento dei suoi 65 anni. Nonostante il momento di apparente divertimento e di trasgressione allo stato puro, il protagonista appare malinconico ed insoddisfatto, come se al di là dell’apparente maschera della lussuria e dell’esaltazione riuscisse a percepire interiormente ogni piccolo sprazzo misterioso di cui la città si articola e di cui si componesse nelle sue più antiche fondamenta.

Da un lato ogni eventuale frammento di bellezza che lo richiami alle più antiche origini, mentre dall’altro al più macabro e celato non essere e senso di vuoto dell’essere umano, creatura apparentemente sicura ma in realtà ignara e volubile perché totalmente accecata dalla superficialità e dalla ingordigia mediante le quali non è più in grado di cogliere la vera bellezza e percezione della felicità.

Jep, infatti, frequenta ogni notte un siparietto confuso e statico di compagni di sventure, tra cui Romano, scrittore teatrale mai realizzato, Lello, venditore di giocattoli dalla parlantina sciolta e marito infedele di Trumeau, Viola, ricca borghese con un figlio pazzo, Stefania, scrittrice radical chic e Dadina, la caporedattrice nana del giornale per cui lui scrive da anni.

Roma diviene così un teatro onirico di siparietti, vignette, presagi e incontri casuali, da cardinali che si intendono di cucina a spogliarelliste dai segreti più oscuri, e la paura della morte che colpisce sempre più da vicino ed inaspettatamente. Così il protagonista riflette, rivivendo una Roma notturna fatta di palazzi misteriosi e feste trash, alla ricerca di una bellezza essenziale che forse troverà o che probabilmente era sempre stata sotto i propri occhi. E che non sia forse questa la vera grande bellezza? Semplicemente e banalmente un percorso già scritto, prestabilito, un obbiettivo che l’essere umano continuerà sempre e comunque a cercare mediante l’ideale di qualcosa di tangibile, di concreto, ma che proprio a causa di questa irrealtà non riuscirà mai a percepire se non attraverso la riflessione e la consapevolezza dell’anima e della vita stessa. La grande bellezza, un mix di grandi emozioni, riflessioni, un percorso interiore dopo il quale potremo finalmente domandarci dove sia veramente la felicità ed in che cosa essa risieda realmente.

Sicuramente dopo questo film ognuno di voi potrà finalmente domandarsi: “Ed io l’ho trovata?”

 

Valentina Cuzzocrea

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