Intervista al Raf Ferrari Quartet : alla scoperta dell’indie jazz

Nel panorama jazz/classico italiano una delle realtà più interessanti è sicuramente il Raf Ferrari Quartet.

La musica di questo straordinario gruppo riesce a mettere insieme strutture elaborate e finissime con l’immediatezza e il piacere di ascolto. La band nasce nel 2005 per mano del compositore lucano Raf Ferrari che, dopo un sodalizio a due con il violoncellista Vito Stano, decide di allargare la formazione ad un quartetto. Entrano così nel gruppo il contrabbassista Guerino Rondolone e il batterista Claudio Sbrolli. I quattro iniziano la loro attività sul palco del Villa Celimontana Jazz, che aprirà loro le porte per una lunga serie di concerti in tutta Italia. Struttura e improvvisazione si fondono in un connubio perfetto, per quello che la band ama definire “indie jazz”.

Nel 2008 pubblicano l’album “Pauper”, dell’etichetta Dodicilune, eccellente manifesto del percorso musicale intrapreso dal quartet, che riscuote ampio successo tra critica e soprattutto tra il pubblico. Numerosi infatti sono i fan del quartet, soprattutto a Roma, dove l’interesse cresce grazie ai concerti dal vivo. Il cammino della band giunge all’apice con l’esibizione all’Auditorium Parco Della Musica di Roma nel giugno 2009 con la partecipazione straordinaria di Gabriele Mirabassi. Sono attualmente in tour in Italia, e saranno di nuovo a Roma nel mese di dicembre.

Incontro Raf Ferrari e Claudio Sbrolli, entrambi ampiamente disponibili a parlarmi del progetto, la musica e il futuro.

Per prima cosa chiedo ai ragazzi di parlarmi un po’ del quartet.

Claudio: Il quartet nasce dal mio incontro con Raf nelle scuole di musica. Raf e Vito erano già insieme come duo piano-violoncello, e avevano anche registrato un demo molto bello. Successivamente io e Guerino siamo entrati a far parte del progetto…ormai da circa 4 anni e mezzo.

E’ interessante sapere come sono riusciti a coniugare l’originalità dei brani con l’impatto immediato e significativo sull’ascoltatore, e soprattutto, come definiscono la loro musica.

Claudio: Questo risultato deriva dal nostro motto “la metropoli vista dalla cima della montagna”. Noi quattro veniamo da paesi di montagna, siamo persone semplici, ci piace il contatto con la natura, e il fatto di non essere urbani ci aiuta a sviluppare un’immediatezza nel trasmettere la nostra musica. Anche il fatto che ognuno di noi venga da esperienze molto variegate legate al jazz, al rock, etc., ci aiuta a conoscere meglio le varie tipologie di musica e di ascoltatori. Questo progetto è parecchio italiano, di montagna direi. E’ un progetto emozionale, che ci porta ad avere sensazioni uniche mentre suoniamo. Cerchiamo appunto di creare una musica d’impatto.

Definirei la nostra musica “indie jazz”, perché il Raf Ferrari Quartet è, a differenza delle varie formazioni jazz che si riuniscono per suonare insieme, una vera e proprio band, un gruppo di musicisti che provano, elaborano e crescono insieme.

Raf:       Il nostro obiettivo è senz’altro quello di non perdere di vista la cosa più importante, la melodia, che è l’elemento fondamentale. E’ la melodia che dev’essere bella, deve ricondurre a ciò che più ci piace, la natura, mentre l’improvvisazione è un ulteriore sviluppo della stessa.

Chiedo un punto di vista sul ruolo della musica jazz/classica in Italia in questi anni. Mi riferisco alla creatività, alla ricezione da parte del pubblico attraverso i live, e dal punto di vista economico, di vendita e diffusione.

Claudio: Spesso la musica jazz in Italia rappresenta un mondo chic, è utilizzata come mero sottofondo per gli eventi di alta classe. In realtà nel nostro Paese c’è un livello di creazioni jazz molto alto, anche per quanto riguarda i progetti presenti sul territorio. In questo periodo il jazz è di moda, e anche noi che proponiamo un genere che possiamo definire raffinato, riusciamo ad avere grande visibilità.

Raf:       Per quanto riguarda invece la musica classica, fin da bambini ci viene mostrata come qualcosa di vecchio. In realtà è una musica giovane, e non è così difficile da recepire al contrario di quanto possa sembrare. Gli esperti ne colgono maggiormente il valore, ma è una musica per tutti. E soprattutto la musica classica va ascoltata dal vivo, è li che diventa davvero molto interessante.

Il Raf Ferrari Quartet ha portato la sua musica in diverse parti d’Italia. E’ interessante sapere dove sia stata incontrata una cultura jazz/classica maggiormente radicata.

Claudio: Sicuramente Firenze, Bologna, ma anche Roma, dove noi viviamo, e dove abbiamo davvero un bel seguito. Qui nella capitale il jazz/classico non è un genere così diffuso, se vengono a sentirti o comprano i tuoi dischi è perché piaci sul serio, non per rappresentare uno status. Qui a Roma abbiamo molto seguito anche tra le persone di età avanzata.

Al momento il Quartet è uno dei pochi gruppi jazz noti del panorama italiano. Chiedo un commento su quanto sia difficile imporsi in un genere che possiamo definire “di nicchia” in quanto a giudizi e critica.

Claudio: E’ molto difficile, però devo dire che con i nuovi mezzi informatici è possibile avere molta visibilità. I social network spesso sono snobbati, ma possono essere un ottimo mezzo per trovare persone interessate alla nostra musica, e gran parte del nostro seguito deriva appunto da lì.

Raf:       Per i gruppi emergenti come noi, la cosa essenziale è poi, oltre ai mezzi di cui parlava Claudio, fare molti concerti. In radio o tv, le probabilità di essere trasmessi sono poche, e spesso le trasmissioni riguardanti il mondo jazz/classico sono in tarda notte o altri orari improponibili. Attraverso i concerti invece abbiamo ottime possibilità per mostrarci al pubblico.

L’esperienza musicale di Raf Ferrari è imponente, ha studiato musica all’Università di Bologna, a Imola, alla Saint Louis di Roma, e a Frosinone, in più ha numerose esperienze di collaborazione musicale all’attivo.

Raf:       A livello professionale sono state tutte esperienze estremamente positive, perché mi hanno permesso di adattarmi alle diverse situazioni musicali, il che è fondamentale per un artista. Nella mia carriera ho suonato rock, jazz, classica, etc. Da questo deriva la mia passione per mondi musicali anche molto diversi tra loro, ma nel mio caso questo non è stato un limite, al contrario mi è stato davvero d’aiuto.

Per quanto riguarda Claudio Sbrolli, ha una formazione incredibile in ambito jazz, dagli studi alla Saint Louis di Roma alla partecipazione a seminari qualificati a Nuoro e Siena, e diverse collaborazioni musicali.

Claudio: Sono felice del mio percorso formativo, perché mi ha reso un musicista versatile. Inoltre ogni collaborazione che ho avuto mi ha dato qualcosa, mi ha arricchito. Lavorare ad esempio con i cantautori, è un’esperienza che aiuta molto a correggersi e migliorarsi. Anche come turnista in studio sono migliorato molto, ho avuto collaborazioni di questo tipo con Bobby Solo e molti altri. Un’altra importante parte della mia preparazione è l’improvvisazione, che ho sviluppato collaborando con Alberto Papolla, Enrico De Fabritis, e Franco Ferguson, ma soprattutto con Raf Ferrari, con il quale ho trovato perfettamente la mia dimensione musicale.

A dicembre 2008 è uscito il loro primo album, “Pauper”. Un mix tra jazz e classica, con brani intensi e con rapidi cambi di tempo e strutture variegate. Chiedo quali sono i motivi che li hanno portati a questa scelta stilistica.

Claudio: Si esatto. E’ una scelta di Raf, lui porta dei pezzi con una struttura ben delineata, che ci stimolano molto a livello di gruppo.

Raf:      Io scrivo i pezzi con partiture di diversa intensità e complessità tra i vari strumenti a seconda dell’impostazione che voglio dare al brano. In realtà avevamo già i brani pronti, l’album è venuto dopo, ma siamo riusciti a creare un concept album, un insieme di pezzi totalmente armonico. Abbiamo dovuto inserire tutti i brani nel disco, perché se ne fosse mancato anche uno soltanto, la resa totale non sarebbe la stessa.

I brani presenti nell’album sono davvero eccellenti. Parlo de “Il Naufragio”, “Il vuoto”… Mi interessa sapere qual’è il brano che li ha maggiormente soddisfatti.

Raf:       Senz’altro “Il vuoto”, che offre un ascolto eccellente, ma anche “L’amante di Ravel”, dove la parte di improvvisazione riesce ad emozionarmi tantissimo, nonostante sia un pezzo mio!

Claudio: Anche per me il brano più bello è “Il vuoto”, perché l’intesa nell’improvvisazione è pressoché perfetta. Inoltre è un pezzo che piace molto al pubblico, e questo non può che farmi piacere.

È un disco profondamente personale e collettivo allo stesso tempo, nel senso che tutti i brani sono scritti da Raf, ma ciascun membro del gruppo riesce non solo a fornire un contributo, ma anche a renderlo vivo, a trasformarlo apportando qualcosa di proprio.

Raf:       E’ vero, c’è una buona dose di improvvisazione che viene dagli altri, e i brani di conseguenza appartengono a tutti. Noi quattro siamo molto amici, e il dialogo che c’è tra di noi è importantissimo anche a livello musicale, ci aiuta a compartecipare tutti per uno stesso scopo melodico.

Claudio: Questo risultato è dovuto al coinvolgimento di tutti i membri e alle tante prove che facciamo. Raf è un musicista con le idee molto chiare riguardo a ciò che scrive, ma allo stesso tempo ci lascia ampia libertà di improvvisazione e contributo ai pezzi; è un grande artista ma anche un’ottima persona, con un carattere straordinario, è disponibile, aperto, e in questo modo tutti noi ci sentiamo partecipi del progetto.

Raf ha dimostrato di essere un pianista dall’eccellente tecnica e dalla straordinaria capacità di fondere suoni e utilizzare cambi di passo nei brani. Chiedo di parlarmi della sua musica.

Raf:       Quando scrivo un brano, la prima cosa che metto in pratica è quella di tenere bene a mente una forma precisa. Posso variare, ma alla fine torno sempre al principio. Le idee vengono spontanee è vero, ma i collegamenti tra le variazioni tendo sempre a rivederli in chiave melodica, per accertarmi che il risultato sia accurato.

La batteria con Claudio Sbrolli e il basso con Guerino Rondolone, riescono continuamente a sottolineare i percorsi sonori di Raf e del violoncello di Vito Stano, creando una sinergia davvero armoniosa.

Claudio: Diciamo che ci siamo trovati sia come persone che come musicisti, e abbiamo in comune anche la stessa tensione musicale, In pratica remiamo tutti nella stessa direzione. C’è da lavorare per diventare una perfetta “sfera che rotola“, per il momento siamo una sfera ancora un po’ irregolare, da smussare, per “rotolare” bene tutti insieme, metaforicamente parlando.

Mi incuriosisce sapere se i pezzi dal vivo prevedono una parte di improvvisazione oppure si basano sulle strutture presenti nei brani dell’album.

Raf:       Tutti i nostri brani prevedono una parte di improvvisazione, tranne due che sono completamente scritti ma che vengono suonati in maniera piuttosto libera. Noi studiamo bene la struttura e l’intenzione da dare al pezzo, ma poi l’esecuzione del momento è un’interpretazione istantanea

Chiedo un racconto e un parere sulla loro esperienza sicuramente più importante, l’esibizione all’Auditorium Parco della Musica, il tempio del jazz a Roma.

Claudio: Quando siamo arrivati all’auditorium avevamo una paura folle, che derivava dall’ambiente serio e professionale, dai camerini all’enorme quantità di fonici; abbiamo trovato una resa sonora incredibile che ci ha aiutato tantissimo, e abbiamo avuto la fortuna di avere come ospite speciale Gabriele Mirabassi, che si integra perfettamente con noi in quanto a tipologia di musica. Il concerto è andato benissimo, è stata un’esperienza positiva sotto tutti i punti di vista, una soddisfazione enorme per noi.

Raf:        Non posso che concordare con Claudio, è stata un’emozione molto particolare

Come in ogni intervista che si rispetti arriva il momento di chiedere quali sono i progetti futuri del Quartet.

Raf:       Cercare di portare a maggior popolarità “Pauper”, e, artisticamente parlando, continuare a lavorare su nuovi brani che abbiamo sotto mano per mettere insieme un nuovo album. Avrà la stessa intenzione, dev’essere un disco concettuale, e probabilmente inseriremo una cover suonata alla maniera del Raf Ferrari Quartet, mantenendo anche in questo caso un’identità stilistica in tutto l’album.

Claudio: I pezzi nuovi sono bellissimi, alcuni già rodati dal vivo. Per quanto mi riguarda sono molto legato a questo progetto e ci credo fermamente, quindi posso fare tutte le prove che vuole Raf!!!“

Bene, il prossimo appuntamento con il Raf Ferrari Quartet è l’11 dicembre con il concerto che si terrà al Ventotto de Vino a Roma.

Raf:        Esatto, presenteremo brani nuovi del prossimo disco. Tutti quelli che sono venuti ai nostri concerti sono sempre tornati a vederci, quindi invitiamo a partecipare, non ve ne pentirete.

Claudio: Non potete assolutamente mancare!!!

http://www.myspace.com/rafferrariquartet

Vincenzo Pietropinto

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