Figure del desiderio. Quando la passione non consuma, ma crea

Il desiderio è il motore di tante azioni umane, che sono provocate dal fuoco che esso genera nell’animo, spingendo gli uomini a compiere gesti e realizzare opere che mai avrebbero pensato di compiere. Desiderare è quello che facciamo ogni giorno, dando un senso alla nostra esistenza, di più, è la vita stessa che ci sfida, che ci chiama e che ci sprona. Il desiderio si trasforma in amore, in passione, in quella theia manìa di cui parlava, già nel VII secolo avanti Cristo, Saffo descrivendo le sensazioni potentissime provocate dal desiderio, in quel caso per la persona amata, che somigliano a quelle che si potrebbero provare quando si sta per morire. È dunque possibile che il desiderio sia la forza più grande che esista al mondo, quella a cui nemmeno gli dei possono sottrarsi, l’unica universale e irrinunciabile? Marco Aurelio sosteneva che si desidera ciò che si vede ma è vero anche il contrario, solo ciò che si guarda, che si lascia guardare, può essere oggetto di desiderio. Pertanto non c’è nulla di più significativo, di più emblematico di ciò che significa desiderare, dell’arte figurativa, della pittura e della scultura, frutto di attività umane nate per essere guardate. Lo sanno bene gli organizzatori della mostra in programma al Museo Carlo Bilotti di Roma, che hanno allestito l’originale esposizione Figure del desiderio, che accosta per la prima volta l’opera di due importanti artiste, solo apparentemente diverse, l’italiana Sonia Ros e la finlandese Katja Kotikoski. Entrambe le artiste hanno colto nel loro lavoro la straordinaria capacità del desiderio di “mettere in figura il mondo”, investigando il rapporto esistente tra esso, l’umanità e la realtà e mettendo davanti all’osservatore i simulacri viventi di questo desiderio, in modi per certi versi opposti, ma per altri coincidenti. Naturalmente la differenza non sta solo nei diversi linguaggi espressivi (pittura da una parte, scultura dall’altra), ma anche nel diverso sguardo che le due artiste adottano nell’osservazione della tematica in questione, rappresentando momenti diversi del rapporto uomo/desiderio. Il racconto del desiderio è senza dubbio la descrizione di un vuoto, di un intervallo spazio-tempoarle tra la sua nascita e il ricongiungimento con l’oggetto al suo centro, entrambe dunque espongono questa distanza da punti di vista diversi; la Kotikoski è interessata a raccontare l’effetto della forza desiderante sul mondo e lo fa attraverso le sue sculture sinuose, che essa stessa definisce dei “piccoli componimenti poetici” plasmati nella corporeità dell’argilla e della ceramica. La Ros, invece, vuole rappresentare l’incontro, a volte violento, tra desiderio e realtà, e lo fa con uno stile displastico attraverso una pittura colta e raffinata, quasi intellettualistica. Per tutte e due comunque il corpo è il luogo fisico in cui si plasmano i flussi desideranti. Per la Ros i corpi sono macchine del desiderio, cangianti e metamorfiche, sede di energie e pulsioni sessuate e sensuali, capaci di sintetizzare l’organico e l’inorganico; per la Kotikoski sono fantasmi, immagini frutto del desiderio collettivo e universale. I pannelli maestosi dell’artista veneziana mettono in scena immagini anti-figurative, intricate e complesse, che in maniera poco iconica e rappresentativa raffigurano la leggerezza del corpo, che esplode e implode contemporaneamente e si integra con l’oggetto del desiderio, sia esso organico o inorganico. La scultrice finlandese crea linee e superfici che ricordano la pelle umana, a voler rappresentare figure corporee, concrete o astratte, che danno vita ad una realtà ancestrale e materica. Le due protagoniste si completano perfettamente a vicenda, narrando il corpo, la passione bruciante e l’immaginario della loro potenza produttiva. Grande raffinatezza e originalità per questa mostra che si rivela davvero una proposta interessantissima.

 

Box informazioni:

zdal 22 dicembre 2013 al 26 gennaio 2014

info: 060608 (tutti i giorni ore 9.00 – 21.00)

          afrodite.contact@gmail.com

 

Patrizio Pitzalis

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