Emma, la “ragazza con il materasso”

Il suo nome è Emma Sulkowicz, ma tutti negli Usa la conoscono come “La ragazza con il materasso”.
Il motivo è semplice: gira per le strade di New York con un materasso come forma di protesta: è lo stesso su cui è stata violentata da un collega dell’università, giudicato innocente. Lei non si è però arresa e ha deciso di portare avanti la sua battaglia contro le violenze sessuali all’interno degli atenei americani, dove lo stupro, dice, viene considerato impunemente “sesso divertente finito male”. La storia Sulkowicz ha inizio alla Columbia University (New York), dove lo scorso anno incontra un ragazzo, Paul, con il quale inizia a frequentarsi. Una sera, riceve il giovane nella sua camera. Lui è ubriaco e la costringe ad un rapporto contro la sua volontà. All’inizio Emma non dice niente, poi quando viene a conoscenza del fatto che il ragazzo ha fatto lo stesso con altre colleghe, decide di denunciarlo alle autorità dell’università. Subisce vari interrogatori, è costretta a spiegare nei minimi dettagli quanto accaduto quella sera : “Sono stata interrogata da persone non addestrate al compito, hanno dubitato della mia parola da subito”, spiega. Da parte sua Paul nega tutto. Sei mesi dopo arriva anche il verdetto della Columbia che giudica il giovane  innocente. Da quel momento Emma non si è data più pace e ha iniziato a girare per New York senza separarsi mai dal materasso su cui ha subito la violenza. Le sue foto fanno il giro del mondo. Anche la democratica Hillary Clinton, dopo averle viste, ha voluto esprimere solidarietà a quanto accaduto: “E’ un’immagine che dovrebbe far riflettere tutti noi”. La battaglia di Emma punta a mettere in luce il velo di omertà delle istituzioni universitarie, che per difendere il loro nome sono pronte a coprire casi di violenza. “Vogliono insabbiare tutto, sperando che la gente non venga mai a sapere. Ma se fa così, anche la Columbia è più preoccupata del suo buon che della sicurezza dei suoi studenti”, ha dichiarato la giovane lo scorso giugno. Un mese dopo, insieme ad altri studenti, ha presentato un esposto federale in cui accusa l’università di non aver gestito correttamente il suo caso di stupro, scoraggiando di fatto chi ha la volontà di denunciare altre violenze. La battaglia è lunga, ma Emma non ha intenzione di tirarsi indietro.10635848_318696121645693_7136792104796211131_n

Silvia Di Pasquale

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