Civitella 1861. Ultimo atto per l’Unità d’Italia. Le armi nella scena dell’assedio

“…per fortuna trionfò lo spirito e la fierezza d’animo degli antichi padri che, seppur fiaccati e frustrati, non furono mai annientati e sepolti; essi soli furono l’anima delle nuove generazioni impegnate in un’opera di rinascita..” (Dalmazio di Dalmazio, Presidente del Comitato “Civitella 150”). Il 20 marzo 1861 nella Città – Fortezza di Civitella del Tronto, nei secoli irriducibile borgo ai confini del Regno Borbonico, si compì il primo formale atto dell’Esercito Italiano: gli ufficiali in comando degli eserciti borbonico e di parte italiana sottoscrissero la Capitolazione, interrompendo il lungo assedio che dall’ottobre del 1860 le truppe regolari dell’esercito piemontese stringevano intorno agli inespugnabili bastioni della fortezza. Terminati i combattimenti e proclamato il Regno d’Italia, la fortezza – anima ferita a morte di un popolo martoriato – ormai ridotta ad un cumulo di macerie, venne definitivamente abbandonata e lasciata all’impietoso agire del tempo, meta di continui saccheggi e feroci deturpazioni. Attraverso un complesso programma di recupero, a tutt’oggi e da oltre un quarto di secolo, la fortezza è ritornata agli antichi fasti, nuovamente fruibile al pubblico e sede dal 1988 di un prestigioso Museo delle Armi. Quale migliore occasione, dunque, dei solenni festeggiamenti in onore del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, per allestire una mostra dedicata alle armi da fuoco ed individuali usate durante la guerra di annessione del Regno delle Due Sicilie ed in particolare nell’assedio alla Fortezza di Civitella del 1860. La mostra si compone di due sezioni, una dedicata alle armi provenienti dal Museo di Capodimonte di Napoli e l’altra ai pesanti pezzi da fuoco concessi in prestito dal Museo Nazionale dell’Artiglieria di Torino. Ancora, in due sottosezioni sono esposte le diverse tipologie di armamenti, identificabili a seconda dell’esercito di appartenenza, quello borbonico degli assediati e quello sardo piemontese degli assalitori. Ecco allora delinearsi la storia recente di un’indomita cittadina, tenacemente arroccata su ciò che resta della propria identità ferita, dall’alto di un nuovo sogno di libertà.

Wanda Romano

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