Christian De Sica al teatro Brancaccio con la sua “Cinecittà”

“Quant’è bella Cinecittà”! Esordisce così Christian De Sica mentre scende dalla scala del teatro Brancaccio, creata ad hoc dallo scenografo Franco Miseria per il suo spettacolo “Cinecittà”.Con questo spettacolo ha voluto raccontare la sua personale storia di Cinecittà, arricchendola col suo vissuto, con le sue esperienze e con le sue prime emozioni in quei famosi studi.“La mia prima volta negli studi non la dimenticherò mai, avevo sette anni e papà stava girando Il Generale Della Rovere con Roberto Rossellini.Mi colpirono la neve finta e gli effetti speciali e mentre Rossellini dirigeva mangiando un gelato al caffè mi fulminò dicendo: “Mica vorrai fare l’attore tu?” Per lui gli attori erano mezzi fannulloni, ma io tornai a Cinecittà qualche anno più tardi come comparsa.“Prendevo il pullman alle 5 a piazza Esedra, insieme alle altre comparse, col capogruppo Zarpi e durante il tragitto pensavo a come mi avrebbero vestito”.Inizia con questo personale aneddoto uno spettacolo di due ore in cui la parola Cinecittà, per una strana alchimia, riporta ad un mondo fantastico che accompagnata dalla magia del teatro ha letteralmente incantato il pubblico. Il ragazzino di allora col cognome importante si rimette in gioco e con lui sul palco c’è un’orchestra di 20 elementi, 8 ballerini e gli attori Daniela Terreri, Daniele Antonini e Alessio Schiavo.Con la splendida scenografia di Patrizia Bocconi il pubblico viene catapultato nel famoso studio 5 di Cinecittà ripercorrendo un’epoca che va dai telefoni bianchi ai cinepanettoni, con sketch simpatici e canzoni magistralmente interpretate,da ‘Baciami piccina’ a ‘Coccinella’ di Ghigo Agosti, passando per Sinatra e un omaggio personale e commosso ad Alberto Sordi con ‘Ma ‘ndo vai?’. “Per me era zio Alberto e in lui ho sempre riconosciuto straordinarie doti umane e la capacità di far ridere la gente”.Ricorda con viva emozione ‘La porta del cielo’ del 1954 una pagina straordinaria della vita di suo padre che gli permise di non partire per Salo’. Con il consenso di monsignor Montini (che sarebbe poi diventato Paolo VI) e del Vaticano, l’ambientazione nell’Abbazia di San Paolo fuori le mura riuscì a nascondere ebrei, antifascisti, omosessuali, tutti segnati da un destino feroce. Quando finirono quella scena “uscirono tutti insieme e si salutarono alla luce del sole: il vero miracolo l’aveva compito il cinema”!Ma c’è anche spazio per la comicità e l’autoironia, sottolinea le critiche più feroci fatte ai suoi film di Natale, ricordando anche che Beppe Severgnini si e’ divertito a contare oltre 100 parolacce nel film ‘S.P.Q.R.’, “un record mondiale!”.Chiude lo spettacolo con un bis che dedica alla moglie Silvia “a mia moglie non piace” e al suo pubblico che lo saluta calorosamente sulle note di ‘New York New York’ in cui De Sica da’ ancora una volta prova del suo eclettismo e talento.

 

Giorgia Troiani11111111111111111111111111

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