Anna Magnani: la “tigre del Tevere” da Roma ad Hollywood

Barbara Rossi presenta la sua ultima fatica letteraria: Anna Magnani. Un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood“; un saggio ricco di documenti e testimonianze sulla grande Anna Magnani, sulla sua straordinaria e faticosa carriera artistica verso il successo meritato, sulla sua vita difficile e tormentata, per rendere omaggio ad una delle più straordinarie attrici italiane che il dorato mondo della celluloide abbia mai avuto.

 

 

Guardo Anna come creatura umana. Guardo Anna quale fu nella sua ‘parte’ di donna, passionale e appassionata: vibrante di vita come un elemento della natura, fuoco o ghiaccio, vento o pioggia“.

Raccontare Anna Magnani, Nannarella, la Mamma Roma di pasoliniana memoria, oggi, a quasi cinquant’anni della sua morte suscita ancora profonde emozioni.

Attrice a tutto tondo, anti diva per eccellenza, in un mondo, quello della celluloide, che costruiva stereotipi per attirare il pubblico e la stampa, romana de Roma, senza vergogna e senza doverlo nascondere con finti accenti e dizioni perfette, carattere passionale, forte, deciso, a costo di suscitare antipatie e forti contrasti, pure con chi doveva dirigerla in un film, mai banale, mai incline a quei facili compromessi, che le avrebbero sicuramente spianato la carriera, invece di viverla tra irti ostacoli. Ma questa era la sua bellezza: non cipria e rossetto, a coprire le rughe del tempo, per renderla perfetta ed eterea, non l’accondiscendenza verso il mondo cinematografico, accettando tutto e tutti pur di lavorare; lei non era la bella attrice muta, soggetta alle regole dello star system: lei le regole le dettava.

La sua personalità forte, il suo carisma, l’ha aiutata ad emergere in un mondo complicatissimo, dove regole e mode temporanee dettavano la scalata al successo o la discesa verso l’insuccesso di attori, attrici e registi. Nessuno ha fortemente creduto in lei, agli inizi, se non lei stessa, con la sua tenacia, e ha difeso ogni scalino superato, in questa corsa ad ostacoli, con le unghie e con i denti. Lei è stata la prima attrice italiana a vincere un Oscar, con il film “La rosa tatuata“, segno tangibile della sua bravura oramai riconosciuta in tutto il mondo, e non più confinata negli italici confini cinematografici.

Registi come De Sica, Rossellini, Visconti, Zampa, Pasolini ebbero la fortuna di dirigerla; attori come Totò, Aldo Fabrizi, Walter Chiari, Burt Lancaster, Anthony Quinn, hanno avuto la fortuna di averla come compagna di set, ma anche la sfortuna, perché con quel suo carattere così lunatico, Anna Magnani era incline a slanci di generosità inaudita ma anche a grandi eccessi d’ira, e celebri, ad esempio, furono le discussioni tra lei ed Aldo Fabrizi durante la produzione del film “Campo de’ Fiori“.

Con lei, la vita non fu tenera: un padre che ha abbandonato la famiglia, quando era piccola, una madre che emigrò in Egitto, rifacendosi una nuova vita, mentre la sua nonna la cresceva; le ristrettezze economiche ma anche la voglia di emergere in quel mondo dorato che era il cinema, proprio quel cinema che andava a guardare con la sua amatissima nonna; la sua scalata al successo partendo dal basso, con quelle piccole particine in spettacoli teatrali, perché ritenuta inadatta a recitare parti importanti, sempre confinata nello stereotipo della popolana romana, per via di quella cadenza che ostinatamente ostentava; persino il suo primo marito, il regista Goffredo Alessandrini, non la considerava una vera attrice, degna di parti principali, se non chiudendola in quello stereotipo. Ma Anna Magnani, pian piano, lottando contro i suoi demoni, contro le sue fragilità, contro l’ottusità del mondo dorato della celluloide, si è ritagliata il suo spazio, si è costruita la sua immagine, è diventata la grande Anna Magnani, un’attrice vera, di una bellezza propria, di una intelligenza unica, viva, quella che gli permetteva di discutere con i registi sul proprio personaggio da recitare, spesso mettendoci  tutta la sua anima, tutta la sua creatività, quella che gli ha permesso di vincere un Oscar come migliore attrice protagonista, e di diventare Anna Magnani, un’attrice amata dal suo pubblico per quell’apparire semplice e genuino; un amore viscerale, questo, che rimane ancora oggi, immutato.

E anche da questo amore nasce il saggio “Anna Magnani. Un’attrice dai mille volti tra Roma e Hollywood” di Barbara Rossi, pubblicato dalla casa editrice “Le Mani“. Lei, alessandrina, presidente dell’Associazione di cultura cinematografica e umanistica “La voce della luna”, ha prodotto questo bellissimo saggio sulla figura di Anna Magnani: sei capitoli che ripercorrono lo sviluppo artistico dell’attrice romana, dagli esordi teatrali sino alla consacrazione; un percorso irto di ostacoli e pieno di difficoltà e sofferenze, quello di Nannarella, che Barbara Rossi analizza soprattutto, attraverso la ricchezza delle fonti giornalistiche e saggistiche, concentrandosi maggiormente, sul suo periodo americano, verso la metà degli anni ’50, sui suoi successi e quelle ombre che hanno accompagnato la grande Nannarella nel dorato mondo hollywoodiano, offrendoci anche un’ipotesi interpretativa in grado di spiegarne, almeno in parte, quella improvvisa e repentina scelta fatta dalla Magnani di chiudere l’esperienza americana.

Un saggio, quello della Rossi, ricco di documenti, citazioni, interviste per ridisegnare la straordinaria figura attoriale della Magnani, anche attraverso quei suoi macro-ruoli interpretati nei suoi film, quello di mater dolorosa, di madre ambiziosa e quella della popolana, anche alla luce dello sviluppo della figura dell’attrice nel mondo cinematografico, contestualizzandolo con il periodo storico vissuto.

Un saggio che “nasce anzitutto dalla passione per il cinema – rivela Barbara Rossi cresciuta in me fin dall’infanzia: come la nonna amatissima di Nannarella accompagnava la nipote al cinema, da ragazzina (il film che più la ‘stregò’ fu “L’avventuriero”, con Rodolfo Valentino: e lì decise che di quel mondo fantasmagorico di luci e ombre sarebbe entrata a far parte), mio nonno prima e poi mia madre sono stati i miei migliori compagni di ‘visioni’. In famiglia si recuperavano i vecchi film, i western americani, le commedie hollywoodiane e quelle italiane degli anni Cinquanta: è lì che ho conosciuto la Magnani, e me ne sono innamorata“.

La passione verso questa attrice straordinaria – afferma l’autrice – è così forte, al di là delle doti di inimitabile bravura, a quel suo essere artista a tutto tondo, opera aperta con sempre nuovi lati da rivelarci, dal fatto che, a mio parere, nell’attore o nell’attrice alla fine proiettiamo, molto psicoanaliticamente, delle parti di noi: Anna, come affermo nel libro, è anche una figura del mio immaginario“.

Un testo, quello di Barbara Rossi, che già nel titolo, ci rappresenta l’immagine di Nannarella come un’attrice poliedrica, un’attrice dai mille volti; “parlo dei mille volti di Anna Magnani – afferma l’autrice – perché senz’ombra di dubbio è stata una donna e un’artista dalle molte, mille personalità: commediante, come la definiva Renoir, grande tragica, comica, cantante dalla voce bellissima, profonda e dolorosa, almeno a detta di chi, come,  ad esempio, Indro Montanelli, ha avuto il privilegio di ascoltarla cantare. E poi ci sono i mille volti di Anna che emergono prepotentemente proprio dal suo alterno soggiorno americano, nel corso degli anni Cinquanta, nella mecca dorata di Hollywood: dalle interviste rilasciate a quotidiani e settimanali, dalla ricchissima corrispondenza tra la Magnani e le grandi produzioni statunitensi, in particolar modo con Hal Wallis, sagace produttore della Paramount (che la conduce all’Oscar con “La rosa tatuata”), balza fuori a tutto tondo un’attrice non solamente istintiva, passionale e sanguigna, come continuava a percepirla il pubblico italiano, ma anche pignola, precisa, che amava preparare minuziosamente la propria parte, conoscendo a memoria l’intero copione e sapendone individuare lacune e punti di forza“.

Mi ha molto stupita, del resto – continua Barbara Rossi scoprire, nel corso delle mie ricerche, un’intervista rilasciata dalla Magnani a un quotidiano americano, subito dopo aver finito di girare ‘Selvaggio è il vento’, il suo secondo film hollywoodiano, in cui l’attrice dichiara di sentirsi pronta a passare alla regia, negli anni a venire. E’ un proposito indicativo, a mio parere, della poliedrica personalità artistica di Anna Magnani: è forse questa una delle parti del suo complesso percorso artistico che abbiamo dimenticato“.

E forse, la vera forza di Anna Magnani fu quella di non chiudersi mai in un cliché, in uno stereotipo attoriale, di non apparire mai per quella che non era; Nannarella era vera durante la recitazione e fuori, nella vita reale, con i suoi pregi e con i suoi difetti, con quella sua fisicità mostrata così com’era, naturale, genuina, e non artefatta attraverso il trucco ed il parrucco.  “C’è da dire – sottolinea Barbara Rossi che Anna Magnani non era ‘glamour’ soltanto per i frequentatori del mondo del cinema italiano: addirittura Goffredo Alessandrini, il suo primo marito, non la riteneva adatta fisicamente a interpretare ruoli al cinema, ma soltanto come caratterista a teatro. Hollywood, invece, si innamorò di quella sua bellezza atipica, irregolare, tentando il più possibile di valorizzarla e farla emergere nei ruoli americani. Credo che i registi, soprattutto quelli italiani del periodo cosiddetto ‘neorealista’, abbiano visto in lei la forza, l’istintività e l’energia dirompente di una grande artista, oltre a una figura del femminile profondamente diversa da quelle comparse sullo schermo prima e dopo di lei: dalle leziose e costruite figurette di donna che trionfavano nel cinema del Ventennio, quello dei ‘telefoni bianchi’, alle ‘maggiorate fisiche’, come le ha definite De Sica, ovvero le dive come Sofia Loren, Silvana Mangano, Lucia Bosè e Gina Lollobrigida, procaci bellezze provenienti dai fotoromanzi e dai primi concorsi di bellezza. Credo che il pubblico di allora, invece, abbia visto nella Magnani il simbolo di un’epoca, quella della ricostruzione dopo lo sfacelo della seconda guerra mondiale: l’incarnazione delle tante donne, mogli e madri, che in quegli anni hanno contribuito a rifondare il nostro Paese, lottando e lavorando duramente ogni giorno“.

E sulla sua esperienza americana, da molti critici e giornalisti troppo velocemente bollata come un insuccesso dell’attrice romana, che mal si sposava con il rigido mondo dello star system americano, nonostante la straordinaria premiazione con l’Oscar, prima attrice italiana a riceverlo, e diversi film interpretati, Barbara Rossi ha una idea completamente diversa: “Non credo che l’esperienza hollywoodiana di Anna Magnani possa considerarsi del tutto fallimentare. Piuttosto, è stato un periodo, fra la metà e la fine degli anni Cinquanta, molto complesso per l’attrice, e il suo rapporto con Hollywood venato di luci e ombre.  Anna è stata molto amata dal mondo del cinema e dal pubblico americani, ricambiando questo profondo sentimento di stima nei suoi confronti con grande impegno e passione, sino a raggiungere l’assegnazione, prima attrice italiana nella storia del premio, dell’Oscar. L’America ha regalato alla Magnani, almeno inizialmente, spazi di libertà creativa inimmaginabili in Italia. Purtroppo, lo star system americano era in effetti molto rigido e strutturato, forse troppo per l’indole dell’attrice; inoltre, proprio per la tendenza del meccanismo hollywoodiano a creare dei tipi, dei modelli divistici ben precisi, a lungo andare Anna si è sentita nuovamente costretta in ruoli piuttosto stereotipati, proprio quelli che aveva cercato di fuggire abbandonando il cinema italiano“.

E a riprova di questa verità basterebbe citare cosa scrisse la stampa americana, quando la Magnani sbarcò in America: “In confronto a lei le nostre attrici sono manichini di cera paragonate ad un essere umano“.

E  se c’è chi, come la Loren, ad esempio, è riuscita a ritagliarsi uno spazio importante, a differenza della Magnani, nello star system hollywoodiano, questo è facilmente spiegato dalla stessa Barbara Rossi: “Per quanto riguarda la Loren e Magnani, il mio personale pensiero è che, in definitiva, la prima abbia voluto e tenacemente perseguito sin dall’inizio il progetto di entrare a far parte dell’olimpo divistico hollywoodiano; mentre la seconda aveva ben altre e diverse aspirazioni: fare la regista, appunto, essere considerata un’artista completa, non soltanto una maschera a cui viene affidato un ruolo, ma un’artefice, una creatrice. Sofia e Anna erano, poi, due attrici molto diverse, non solo fisicamente, ma per ciò che rappresentavano: la gioventù e la bellezza dirompente, l’una; la femminilità e la maternità spesso problematiche e dolorose, l’altra“; e forse solo in ciò le due grandi attrici nostrane, che condividevano le origini semplici, le ristrettezze economiche familiari, la fatica e la tenacia nell’emergere nel mondo della celluloide, riescono a differenziarsi: la Loren che vuole divenire una riconosciuta straordinaria attrice di successo internazionale, ha vissuto una gran parte della sua vita, quella più recente, in America, sposandosi con un solo uomo, il produttore Ponti, e quindi non concedendosi comunque ai vizi propri del dorato mondo hollywoodiano, ma adattandosi facilmente al ruolo e al cliché che l’America ha ritagliato per la nostra Sofia; la Magnani, invece, con quel suo carattere bizzoso ma allo stesso tempo carico di fantasiosa arte, non avrebbe mai accettato di recitare a vita la medesima parte, per lei Hollywood fu una bella esperienza di vita, ricca di insegnamenti, ma l’amore per la sua Roma, l’amore per il cinema, l’amore di vivere una vita libera da legami e dettami, non le permisero di fermarsi oltremodo in terra americana.

Perché in Nannarella vivevano anche tormentati fantasmi, paure ataviche, e grandi sofferenze che la segnarono nella sua vita, e la condizionarono nelle sue scelte, ma la resero immortale nella sua recitazione. “Le grandi passioni non esistono: sono fantasie dei bugiardi. Esistono solo i piccoli amori che possono durare poco o a lungo” disse Anna Magnani, ricordando quelle sue sofferenze, quei suoi dolorosi amori, per cui lottò a lungo e a lungo soffrì; basti ricordare l’amore verso un padre che l’abbandonò piccola sparendo nel nulla, divenendo un fantasma nella sua vita, l’amore per il suo primo marito, Goffredo Alessandrini, che finì in modo burrascoso, la passione per il giovane attore Massimo Serato, finita anch’essa in modo traumatico, ma che almeno le portò in dono la gioia della maternità, la passione travolgente per il regista Rossellini, finita con la “guerra dei vulcani“, e per finire l’amore unico e viscerale per il suo amatissimo figlio Luca, che sin da piccolo soffrì di poliomielite. Una vita tormentata quella della Magnani, ma nella quale trovò non solo la forza di andare avanti, superando ogni avversità, ma le diede una particolare carica artistica ed una energia unica nella recitazione, rendendo più vere le sue partecipazioni cinematografiche.

Una vita così difficile, che “ha inciso moltissimo, in lei – sottolinea Barbara Rossi più che in altre figure d’artista, per quel connubio arte-vita che nella Magnani è sempre stato particolarmente vivo e presente. Anna, inoltre, aveva, come la maggior parte dei grandi artisti, una sensibilità esasperata, che la faceva vibrare alla più piccola emozione, e che riversava nei suoi personaggi, nelle sue donne ‘vere’, dai mille volti e dalle mille vite“.

Ma Anna Magnani non appartiene soltanto alla storia del cinema, la sua non è una sacra nicchia nella lunga storia cinematografica italiana. Nannarella era figlia del popolo, fu una che credendo in se stessa, accettò la sfida più grande: farsi accettare dalla società per quello che era, ossia una attrice straordinaria. Le sofferenze vissute agli inizi della sua carriera, le piccole parti recitate nelle compagnie teatrali, il marito stesso che non credeva nelle sue capacità artistiche hanno segnato la Magnani, ma allo stesso tempo, lei ricorda tutti quei grandi del nostro cinema, da Totò ad Aldo Fabrizi, da Nino Manfredi ad Alberto Sordi, da Buzzanca a Monica Vitti, attori straordinari venuti dalla povertà, cresciuti con la fame del dopoguerra e l’umiltà, ma sicuri delle proprie capacità artistiche e che, con le unghie e con i denti, hanno costruito il loro successo personale, entrando di diritto nell’Olimpo del cinema nazionale ed internazionale, non accontentandosi mai del pezzetto di successo ottenuto, ma cercando sempre di migliorarsi; una vera lezione questa per chi oggi ha un talento artistico da mostrare e si accontenta dei cinque minuti di notorietà che i talent show e programmi TV  gli concedono, credendo, erroneamente, di aver già raggiunto il successo sperato.

Credo – afferma Barbara Rossi che Anna Magnani abbia lasciato alle generazioni successive il testamento cinematografico che conviene ai grandi attori: l’umiltà, e insieme la consapevolezza delle proprie doti; la fragilità e l’energia; il comico e la tragedia; la volontà, apprezzabile anche al di fuori del mondo del cinema, di andare avanti nella vita senza scendere a compromessi, con le proprie sole forze, e di portare in scena personaggi autentici, ‘presi dalla vita’, come amava ricordare lei. Questi sono gli insegnamenti di cui potrebbe far tesoro un attore ispirandosi a Nannarella“.

E, alla curiosa domanda, se nel panorama cinematografico odierno ci sia un’attrice che possa ricordare la grande Anna Magnani, così risponde Barbara Rossi: “Non so dire se oggi esista un’attrice che ricordi la Magnani: fondamentalmente penso che lei sia unica e, come diceva il grande Eduardo De Filippo, che Anna rappresenti ‘un animale di cinema e di teatro che non si avrà mai più’. Credo che moltissime giovani attrici, più o meno consapevolmente, si rivolgano a lei come modello: prima fra tutte Penelope Cruz, che Almodóvar in ‘Volver’ (2006) trucca e veste con abiti di scena che, in qualche modo, la ricordano e le rendono omaggio“.

E tutto il mondo cinematografico, ma soprattutto noi italiani, dobbiamo rendere un doveroso tributo alla straordinaria Nannarella, perchè come disse Federico Fellini “Anna Magnani ha incarnato la figura femminile che ha dato agli italiani un motivo d’orgoglio“; lei che capì che era nata attrice. Aveva “solo deciso di diventarlo nella culla, tra una lacrima di troppo e una carezza di meno“.

Raffele Zoppo

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