Pietrangelo Buttafuoco, su Il Foglio, lamenta la massificazione del prodotto letterario e l’appiattimento culturale del lettore. Per fortuna, tra librai vecchia maniera e docenti coraggiosi, il riscatto della letteratura può passare anche dai giovani lettori.
“Il mercato dell’editoria vanta un pubblico, una clientela, molto ignorante”: è secco e chiaro, Pietrangelo Buttafuoco, nell’elegante e spietata analisi- pubblicata su Il Foglio di sabato 24 agosto, il cui titolo, La vetrina delle banalità, non ha bisogno di tante spiegazioni- del panorama editoriale italiano per come è diventato in anni di discutibili best seller, autori da salotto televisivo e fin troppe sfumature di approssimazione letteraria. L’estate, del resto, rappresenta meglio di ogni altro il momento in cui l’italiano medio, spesso dotato di cultura superiore ma giusto sulla carta, può mettere da parte i tanti impegni e dedicarsi a letture di cui non potrà fare a meno di dissertare durante l’aperitivo in riva al mare. A determinare le tendenze, soprattutto la finale del Premio Strega di inizio luglio, evento di lunghissima e prestigiosa tradizione divenuto ormai più occasione commerciale che riconoscimento letterario (e sono anni, infatti, che non si conta un outsider tra gli editori vincitori): nemmeno si sono spente le luci del ninfeo di Villa Giulia, che già i librai ricevono le fascette con il titolo, medaglia da appuntare sulla copertina del romanzo trionfatore e irresistibile richiamo da vetrina per lettori “molto alla moda”. Gli stessi che, a novembre, vagano per gli scaffali chiedendo “il romanzo che ha vinto il Nobel per la letteratura” e che a Natale costringono parenti e amici a scartare l’ennesima copia del romanzone americano da milioni di copie- preferibilmente un thriller, preferibilmente infarcito di strafalcioni e teorie ardite di cui non tarderà a innamorarsi ma senza approfondire- o del saggio politico-ma-leggero, immancabile sul tavolino da caffè nei giorni delle feste. Le classifiche dei titoli più venduti sono prevedibili e banali anche per il contesto in cui i libri incontrano il pubblico, come sottolinea ancora Buttafuoco- ex libraio e scrittore di rara cultura e sofisticata penna, come in Italia se ne trovano ormai pochi: niente più librerie che siano angoli di mondi sconosciuti e meravigliosi, ma ipermercati della parola scritta che devono seguire le regole del marketing e piegarsi alle logiche di bilancio delle case editrici; o nomi dell’ecommerce che sono imperi internazionali e che di certo rappresentano una soluzione comoda e veloce, ma che somigliano all’intricata biblioteca di Borges, in cui è possibile non perdersi solo se lettori dalle idee chiare e dai gusti definiti. Niente più consigli, niente più chiacchiere, niente più chicche: solo i soliti noti, i gialli in dialetto siciliano e le storie furbe di bambini nei deserti in guerra; i romanzi pretenziosi di vite “sregolate ma sincere e in cerca di se stessi” e i filosofi da banco che fino a ieri, di banco, conoscevano solo quello della panetteria in cui lavoravano; i lucchetti delle storie dell’idolo delle ragazzine, con il berretto a cinquant’anni, e le manette nelle trilogie delle nuove sacerdotesse delle cinquantenni, che pretenderebbero di rilanciare la letteratura erotica- con romanzetti che fino a pochi anni fa avrebbero trovato posto giusto nelle edicole- e che invece sono state buone per gonfiare i fatturati di editori e sexy shop. Per ben due volte, poi, Buttafuoco mette in luce il pericolo che questi outlet del libro- non della letteratura, che spesso riempie gli scaffali alti solo in quanto nome in catalogo- rappresentano per i giovani, e la conseguente necessità che i pochi librai rimasti ad andare controcorrente, a creare vetrine che siano “una scoperta”, con i classici e i nomi eccelsi anche se meno noti, diventino “gli eroi chiamati a sostegno dei licei e delle università”. E a questo punto, se i genitori non riescono a fare molto per aiutare i ragazzi a scegliere con criterio e sempre il meglio- non solo quella letteratura facile e conosciuta, ma anche quella che non si capisce del tutto, e però in grado di lasciare suggestioni destinate a non abbandonarci più-, l’augurio, con il nuovo anno scolastico alle porte, è che possano riuscirci i docenti. Alcuni di loro, nella facoltà di Lettere della più antica università italiana, La Sapienza, ci provano ogni giorno, facendo appassionare i ragazzi a piccoli capolavori ancora sconosciuti ai più, capaci di imprimersi nella memoria per potenza narrativa e originalità linguistica e di senso (tra questi, amatissimo dagli studenti, Tommaso Pomilio, figlio di quel Mario che vinse il Premio Strega nel 1983 citato da Buttafuoco tra i “grandi dimenticati della cultura italiana”). Perché la differenza nella vita e nel lavoro,un giorno, potrà farla quel libro in più, letto magari da ragazzi, magari per caso, che poi ci ha spalancato le porte di un universo d’inchiostro.
Claudia Proietti