Che lusso? Breviario a puntate su ciò che molti desiderano

Vue large su chi è ricco e chi no.

Il lusso come cifra abituale di vita è per pochi. O dipende dalla capacità di spesa, o dal prestigio, condizione ancora più rara.

Prima di addentrarci nei risvolti del genere, serve identificare le categorie che ne hanno accesso, per comprenderne i relativi bisogni e aspettative.

Se il lusso è per i ricchi, proviamo a capire chi sono e come si segmentano.

Si dice che il povero non sa quanto il ricco sia ricco (e viceversa). Poter visitare fugacemente luoghi esclusivi, seguire su un social il personaggio fortunato, esibire l’accessorio iconico, lascia supporre una contiguità, quasi una confidenza tra mondi separati. Al contrario, come ne La società di corte di Elias, la condivisione di spazi reali o virtuali rimanda al presupposto fondante di Versailles, dove vivere accanto al Re sottolineava la distanza tra lui e la Corte.

Non solo non si sa quanto i ricchi siano ricchi, ma neanche quando una persona lo diventa.

Innanzitutto la ricchezza si misura sul patrimonio. I flussi non contano. Se superano i diecimila euro mensili netti, allora consentono l’accesso alla già fortunata categoria dei benestanti.

Per patrimonio, invece, si intende l’insieme di investimenti, partecipazioni societarie, azioni, titoli, beni rifugio come oro, pietre preziose, e collezioni d’arte catalogate, poi immobili e altre attività a reddito, immobili per uso personale.

Prendiamo tre abitazioni che valgano insieme dieci milioni di euro. Consideriamo che il parametro diffuso è che le case ad uso personale non superino un quinto dell’intero patrimonio, che in questo caso sarebbe di cinquanta milioni di euro. Con una gestione statica rendono circa un milione l’anno. Con un utilizzo diversificato e consapevole, raddoppiano di sicuro. Questo patrimonio e la rendita derivata garantiscono al titolare il pieno titolo di “ricco”. Molte Gestioni Patrimoniali riconoscono il massimo livello di

profilazione fin da cinque milioni di euro depositati. Un macabro discrimine tra benestante e ricco è che in caso di morte o inattività del principal, nulla cambia per i familiari.

Possiamo tracciare tre macro aree di accesso al lusso: quella dei benestanti, con flussi da duecentocinquantamila euro l’anno in su. Quella dei capitalizzati, con un patrimonio minimo di dieci milioni. Quella dei consolidati, da venticinque milioni. Da cento milioni in poi, si entra nella fantascienza antropologica, del tutto estraneo a questa classifica e al discorso in genere.

Interessante osservare che i benestanti sono l’area dove l’ascensore sociale funziona ancora. Ci vediamo entrare alti funzionari di Stato (Corte dei Conti, Banca d’Italia, Eni, magistrati in carriera), dirigenti di importanti aziende private, liberi professionisti e piccoli imprenditori avviati, artisti (attori, cantanti, conduttori televisivi, intellettuali affermati), sportivi, personaggi mainstream.

Siccome l’ascensore sociale funziona a salire ma purtroppo anche a scendere, come se ne vedono entrare, molti ne escono anche. Questa fascia presenta le modalità di fruizione e ricerca del lusso più diversificate e ondivaghe.

Le categorie dei capitalizzati e dei consolidati, appaiano quasi del tutto statiche quanto a nuovi ingressi e l’interazione con il lusso, come vedremo successivamente, è connotata da una consuetudine acquisita e uno status granitico.

Al termine di questo focus necessario, anticipando alcuni semplici temi che si svilupperanno in seguito:

– Prestigio e buon gusto non si comprano;

– Quel che costa non è necessariamente bello (ed è bello quel che piace se piace quel che è bello);

– Imitare richiede coraggio e consapevolezza, o porta a un veloce suicidio esistenziale

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