Calendario mostre Estate 2010

Il segno di Tono – Venticinque anni dalla scomparsa

1 luglio – 25 settembre 2010
Spazi per l’Arte Fonte Mazzola- Peccioli (Pi)

La città di Peccioli celebra Tono Zancanaro, poliedrico artista padovano, con una mostra dal titolo Il segno di Tono. Venticinque anni dalla scomparsa che sarà inaugurata giovedì 1 luglio alle 18,00 presso l’Anfiteatro Fonte Mazzola a Peccioli.
L’esposizione, inserita nell’ambito della rassegna 11 Lune a Peccioli, ripercorre la produzione grafica di Tono con cinquanta opere, dagli anni ’60 agli anni ’80, ispirate al mondo dello spettacolo e della musica con una forte cariche di freschezza, vivacità ed energia.
Il segno di Tono. Venticinque anni dalla scomparsa nasce dal proficuo rapporto di scambio instaurato dalla Fondazione PeccioliPer con Manlio Gaddi, responsabile dell’Archivio Storico Tono Zancanaro, e dalla sua generosa donazione di litografie e incisioni. Il segno artistico di Tono si contraddistingue per l’immediatezza del gesto grafico, che non permette esitazioni e mantiene sempre il carattere di semplicità e freschezza. Il Maestro padovano guarda sempre alla realtà più scarna con un’ottica originale, cogliendone gli aspetti tragicomici che traduce in una satira sorniona dal giudizio lucidissimo, rifiutando qualsiasi tipo di retorica e giochi di potere.
“Tono – dichiara Leonardo Sciascia nel 1978 – non è artista da antologizzare: va letto interamente e interamente memorizzato. Quasi al modo di quel che ci avviene in uno scrittore come Stendhal” .

Il Maestro

Antonio Zancanaro – «Tono» – nasce a Padova 1’8 aprile 1906. Caso raro fra gli artisti si è cimentato con quasi tutte le modalità delle arti visive, riuscendo sempre ad appropriarsi delle capacità tecniche necessarie e sufficienti per eseguire il suo lavoro. Anche se Zancanaro rimane pur sempre maestro ineguagliato nella grafica, particolarmente nella linea pura  nell’incisione e nella litografia, ha lavorato a lungo con l’olio e gli acquarelli, ha inciso vasi di vetro appositamente realizzati per lui dai maestri vetrai di Murano, in stretta collaborazione con la Cooperativa del Mosaico di Ravenna ha eseguito numerosi interventi musivi, realizzato arazzi, sculture in bronzo, etc. Altra peculiarità del Maestro padovano è stato il suo desiderio di viaggiare, di muoversi sia per vedere località sconosciute, sia di conoscere persone nuove, instaurare nuovi rapporti. In questo suo peregrinare parte importante hanno avuto i musei, luoghi continui di visitazione e rivisitazione per studio e contemplazione, in particolar modo quelli di Spina, di Grosseto, le zone archeologiche di Paestum, Metaponto e Selinunte. La sensibilità di Tono Zancanaro, unita al desiderio continuo di lavorare, di realizzare anche con le proprie mani, non poteva che portare necessariamente alla scoperta della pittura vascolare greca, ed al desiderio di reinterpretarla a modo suo, oggi, con i suoi soggetti. Per questo inizia l’attività di ceramista di Tono Zancanaro, e le prime produzioni sono dei primi anni ’50. Nel 1970 ottiene la cattedra d’incisione all’Accademia di Belle Arti di Ravenna, che conserva fino al 1977. Nel 1972 ha la prima grande mostra antologica al Palazzo dei Diamanti di Ferrara, cui segue nel 1974 una seconda antologica alla Civica Galleria d’Arte del Comune di Palermo. Nel 1978 il Comune di Padova gli dedica una grandissima mostra antologica nel Salone della Ragione. Nel 1982 anche il Comune di Milano lo onora con una rassegna antologica nel Castello Sforzesco. Muore a Padova il 3 giugno 1985.

SCHEDA TECNICA
Titolo: Il segno di Tono. Venticinque anni dalla scomparsa
Sede: Spazi per l’Arte Fonte Mazzola
Indirizzo: Via della Costia, 1
Informazioni: Fondazione Peccioliper 0587 672158
e-mail: info@fondarte.peccioli.net
sito internet: www.fondarte.peccioli.net
Periodo espositivo: 1 luglio 2010 – 25 settembre 2010
Inaugurazione: 1 luglio 2010, ore 18.00.
Apertura al pubblico e orario: nel mese di luglio durante le sere degli spettacoli della Rassegna 11 Lune dalle 22 alle 24. Nel mese di settembre ogni sabato dalle 21 alle 24.
Ingresso: Libero
Enti Promotori: Fondazione Peccioliper, Archivio Storico Tono Zancanaro.

 

Compostela e l’Europa – La storia di Diego Gelmirez

Città del Vaticano, Braccio di Carlo Magno 3 giugno 2010 – 1 agosto 2010

Giunge in Vaticano la grande mostra, “Compostela e l’Europa. La storia di Diego Gelmírez”, dedicata al primo arcivescovo di Santiago di Compostela, figura fondamentale nella costruzione della cattedrale e promotore del pellegrinaggio. La rassegna, occasione inedita per conoscere a fondo la storia dell’importante sito spagnolo e il suo fondamentale contributo all’arte romanica europea, vede come curatore Manuel Castiñeira, riconosciuto specialista in arte medievale. La mostra è organizzata dalla Xunta di Galicia attraverso la S.A. di Xestión do Plan Xacobeo e si inserisce all’interno delle attività programmate in occasione dell’anno Santo. Fra le opere esposte provenienti dalla Cattedrale di Santiago e da altri monumenti spiccano la colonna tortili  e il bassorilievo Donna con con i grappoli d’uva (della Cattedrale di Santiago), così come opere d’arte provenienti da monumenti situati lungo le vie di pellegrinaggio a Compostela come Santa Fede di Conques, San Saturnino di Tolosa o Santiago di Altopascio. Opportunità unica, per chi non è mai stato a Santiago, di sperimentare la suggestione della cattedrale ed esperienza imperdibile, per le persone che già hanno compiuto il pellegrinaggio, di riviverne l’emozione.L’ingresso alla mostra è gratuito. Non si può pensare di comprendere l’internazionalità di Santiago di Compostela nel XII sec. senza conoscere la capitale figura di Diego Gelmírez (1070?-1140). Durante il suo arcivescovato, il cosiddetto Cammino di Santiago conosce uno sviluppo senza precedenti, che eleverà Santiago di Compostela all’altezza di Roma e Gerusalemme e farà della cittadina giacobea uno dei principali centri di pellegrinaggio della Cristianità.
L’arcivescovato di Gelmírez fu senza dubbio l’epoca d’oro dell’arte e della cultura compostelana, contrassegnata dalla prosecuzione della Cattedrale e dalla realizzazione delle grandi facciate del transetto –quella Francigena e quella di Praterías, o degli Orefici-, dalla costruzione di due palazzi episcopali e di infrastrutture urbane, come pure dalla promozione di una scuola di Grammatica e dalla compilazione di testi storici, religiosi e letterari quali la Historia Compostelana (inizialmente nota come De rebus gestis D. Didaci Gelmirez, primi Compostellani Archiepiscopi) e il Codice Callistino (conosciuto anche come Liber Sancti Jacobi). La mostra costituisce la prima proposta espositiva realizzata da Santiago de Compostela attorno alla figura di Gelmírez e si prefigge lo scopo di illustrare al pubblico l’importanza di questo personaggio per la storia della Galizia e soprattutto per la costruzione dell’Europa romanica.

La mostra si articola in nove sezioni espositive. Le prime due “Iria Flavia, la terra natale” e “La Galizia trema sotto Diego Paéz” introducono gli esordi di Gelmírez, attraverso una ricostruzione immaginaria in 3D del complesso architettonico del castello denominato “Torri dell’Ovest” dove Gelmírez fu cresciuto ed educato, insieme ad una copia dei capitelli fondazionali della Capilla del Salvador, testimonianza dell’inizio dei lavori della cattedrale. La terza sezione, “Una carriera folgorante: dalla Galizia a Roma” che con un audiovisivo spiega i viaggi di Gelmírez in Europa, apre quattro temi fondamentali: “Santiago e l’aventura del Cammino del Pellegrinaggio”, “Gelmírez e i cammini francesi e Cluny”, “Gelmírez in Italia” e “Gelmírez e Portogallo”. Attraverso una selezione di pezzi straordinari si racconta il dialogo che ebbe inizio nel XII secolo tra Compostela e altri centri di creazione europei: opere di Jaca, Toulouse, Conques, Altopascio o Modena, insieme ad altri importantissimi pezzi come il Libro dei Miracoli di Santa Fede di Selestat che conta due inni dedicati all’apostolo Santiago, le colonne salomoniche di Trinità dei Monti e San Carlo a Cave, esibite per la prima volta in un evento del genere, ed un epistolario tra Gelmírez e il Duomo di Pistoia relativo al dono di una reliquia di Santiago.  Il percorso continua con “L’età dell’oro della Cattedrale di Santiago” dove si mostra il risultato del lungo pellegrinaggio attraverso la ricostruzione in 3D di monumenti distrutti come la Porta Francigena – l’attuale facciata della azabacheria – o l’Altare Maggiore, insieme ad altri pezzi. L’ultima sezione della mostra “La memoria scritta di un genio” cerca di rievocare l’immagine di Gelmírez nel suo complesso, tanto quella da lui stesso generata per propria gloria personale, quanto quella delineata dai suoi successori. L’allestimento comprende il Codice Callistino, la Historia Compostelana e la storiografia contemporanea con testi di Fletcher e A. Murguía.

La mostra si sofferma anche sul restauro delle colonne salomoniche di San Carlo a Cave (Lazio) e quelle della S.S. Trinità dei Monti a Roma, così come la digitalizzazione di alcuni libri quali l’Epistolario Compostelano dell’Archivio di Stato di Pistoia.

La rassegna è accompagnata dal volume “Compostela ed Europa. La storia di Diego Gelmírez” edito da S.A. de Xestión do Plan Xacobeo e da Skira in italiano, spagnolo, francese, inglese e galiziano. Si tratta di una monografia di un periodo fondamentale dell’arte romanica che fu di grande rilevanza per la diffusione mondiale di Compostela e del suo pellegrinaggio.

Durante i mesi della mostra avranno luogo dei seminari dedicati all’arte e alla cultura medioevale tenuti da prestigiosi studiosi del settore.

 

Museo Aligi Sassu Collezione Permanente

Thiesi (Sassari) 23 maggio 2010

Si inaugura a Thiesi il nuovo museo dedicato ad aligi sassu

Thiesi (SS) 28, aprile. Si inaugura a Thiesi, domenica 23 maggio alle 17.30, il nuovo museo dedicato ad Aligi Sassu. Il Comune di Thiesi, nel rispetto dell’impegno preso a novembre in occasione della mostra Sassu Futurista, celebra con la nascita del nuovo Museo il legame del Maestro con la città.
Il Comune di Thiesi ricorda Aligi Sassu con 120 opere grafiche generosamente donate da Helenita Olivares Sassu e Vicente Sassu Urbina, vedova e figlio adottivo dell’artista, da Alfredo Paglione, cognato dell’artista, noto gallerista e collezionista milanese e da Antonio Serra di Thiesi, parente e amico dell’artista.
Le opere grafiche esposte sono state elaborate dal Maestro fra il 1929 e il 1995 con diverse tecniche: acquaforte, acquatinta, puntasecca, litografia.
La collezione permanente è curata da Alfredo Paglione e Silvia Pegoraro, con la collaborazione di Elsa Betti.  Oltre a questa si potranno ammirare I Moti Angioini e La Vita e la Natura opere murali realizzate da Sassu a Thiesi negli anni ’60 che formeranno il nucleo centrale del nuovo Museo Sassu.
Di origine thiesina per parte di padre, Aligi Sassu trascorse a Thiesi diversi anni dell’infanzia, ricevendo dai luoghi, dai paesaggi e dalle usanze di questo territorio impressioni e suggestioni che ne hanno segnato la vita e l’arte.
La produzione grafica di Sassu può dirsi parallela a quella pittorica: nelle incisioni ritornano gli stessi temi che si trovano nella pittura, dalla realtà sociale al mito, dal soggetto sacro a quello profano e provocatorio della Maison Tellier. Dal punto di vista del linguaggio si nota un’immediatezza espressiva estremamente pungente come nei 35 lavori, presenti in mostra, della cartella Aligi Sassu. Opera grafica del 1963, presentata con l’introduzione di Salvatore Quasimodo e il saggio critico di Giorgio Mascherpa. In questo gruppo di opere le Crocefissioni del 1930 e del 1942 convivono con i vari Ciclisti, Musici e Giocatori di dadi del 1931, con La ruffiana  e Le modelle del 1939, e con altri lavori che denotano il profondo legame di Sassu con la letteratura. La sua straordinaria capacità di “estrarre” immagini di grande intensità emotiva e narrativa raggiunge il suo apice tra il 1980 e il 1986, anni in cui realizza 113 tavole ad acrilico che illustrano con potenza coloristica altrettanti passi della Divina Commedia.
Le opere “letterarie” che troviamo nella cartella presentata da Quasimodo ed esposta al Museo Sassu di Thiesi sono Orlando, del 1938, e Scendeva dalla soglia d’ uno di quegli usci…, del 1943, ispirato alla celebre pagina dei Promessi Sposi, che Sassu illustra nello stesso anno con 58 tavole ad acquerello.
Quanto all’Orlando, ispirato all’Orlando Furioso, Sassu vi ritorna nel 1974, creando 15 incisioni a colori che illustrano il poema ariostesco – tutte esposte al Museo Sassu di Thiesi – raccolte nella cartella Fantasie d’amore e di guerra dell’Orlando Furioso. Il mondo ariostesco, con il suo infinito dinamismo e la sua ricchezza cromatica, è quello più vicino al mondo poetico di Sassu, come lo stesso artista ci dice: La poetica di messer Ludovico è forse quella che mi è più congeniale: il poema, fin da quando ero giovane, mi sembrò aperto a tutte le espressioni del colore e della forma, come un luogo deputato, dove la suggestione del movimento si dipana, corre e tutto travolge nella passione di una fantasia che travalica le cadenze temporali. (…) immagini indomabili, che imposero alla mia mano il segno.
Il rapporto con la letteratura si evince da molti altri lavori grafici esposti in permanenza a Thiesi, come nel caso del sodalizio con l’amico poeta Raffaele Carrieri, autore delle poesie che accompagnano le 20 litografie, acqueforti e acquetinte della celebre cartella I cavalli innamorati, edita nel ’73 dalla milanese Galleria Trentadue di Alfredo Paglione.
Cinque grandi litografie Omaggio alla Sardegna, con i versi del poeta sardo Sebastiano Satta (1867-1914),  restituiscono il mito di una Sardegna arcaica e maestosa.
Lo stesso legame, questa volta con la narrazione sacra, pervade le sette opere grafiche (sei litografie e un‘acquaforte) che illustrano l’Apocalisse. L’”espressionismo” di Sassu raggiunge qui alti vertici sorretto dal soggetto drammatico e misterico del Libro, ma anche dal clima di profonda rivalutazione della “sensualità” della pittura che l’arte europea viveva all’inizio degli anni ’80 .
I cavalli sono protagonisti di un’altra splendida raccolta di 10 litografie presentate a Thiesi, I cavalli dell’imperatore creati nel 1989 sotto l’ispirazione di una serie di tavolette votive giapponesi, ed Ettore e Achille III e Achille e Xanto, due delle cinque acqueforti della cartella Nelle nuvole i miei cavalli. La potenza e la vitalità dello splendido animale si diffondono anche da una cartella di nove incisioni a colori all’acquatinta e puntasecca, con introduzione di Werner Spies, dove troviamo lavori come Il grande cavallo rosso e I cavalli di Poseidone: Il Mito del Mediterraneo del 1989-90.
Questo titolo anticipa quello dell’imponente murale in ceramica realizzato presso il Parlamento Europeo di Bruxelles nel 1992-93 I Miti del Mediterraneo, nel quale i soggetti riconducono alle radici più profonde e affascinanti dell’immaginario visivo di Sassu: il paesaggio di Mallorca e quello della Sardegna si richiamano continuamente nei loro colori vivaci e nel rinvio ai miti classici della civiltà mediterranea greco-latina in un tripudio di movimento.
Completano la raccolta di grafica del Museo Sassu di Thiesi 17 fogli sciolti di grande formato, degli anni ’80: da Cavalli verdi (1987) a Ettore e Achille (1987), da I due soli I (1987) ad Andromeda (1989), ancora una volta mito e realtà, immaginazione visionaria e potenza della natura s’intrecciano nell’universo di Sassu, dove il colore non abbandona mai il suo ruolo di generatore della forma e non cessa mai di essere il veicolo di profonde emozioni.

Scheda Tecnica
MUSEO ALIGI SASSU
indirizzo: via Garau, Thiesi (Ss)
ingresso: gratuito nel mese di giugno
giorni di apertura: dal martedi alla domenica
orari: dalle 10 alle 13 e dalle 16.30 alle 19.30.
info: Comune di Thiesi tel. 079/885583 E-mail segreteria@comunethiesi.it
inaugurazione: domenica 23 maggio ore 17.30
catalogo: Silvana Editoriale

INOPERA 2010 sulle orme di Padre Matteo Ricci 

Museo di Palazzo Buonaccorsi – Macerata
dal 22 luglio al 12 settembre 2010

La Commissione Diocesana per le Celebrazioni del IV Centenario di p. Matteo Ricci ha invitato gli artisti a riflettere sul tema dell’amicizia, così come fece il gesuita maceratese p.Matteo Ricci scrivendo nel 1596 l’opera De Amicitia. Da questa iziativa scaturisce la rassegna espositiva InOpera 2010-Sulle orme di Padre Matteo Ricci che si svolgerà presso il Museo di Palazzo Buonaccorsi a Macerata dal 22 luglio al 12 settembre 2010.
La mostra è divisa in due sezioni. La prima è composta da 46 opere d’artisti accreditati e storicizzanti nel sistema dell’arte contemporanea, invitati a partecipare con una propria opera direttamente dal Comitato Scientifico presieduto dal direttore dei Musei Vaticani. La seconda, composta da più di una cinquantina d’opere, riunisce invece una selezione d’artisti contemporanei che sono aderiti liberamente e le cui opere sono state selezionate da un’apposita Commissione giudicatrice presieduta dallo stesso direttore Antonio Paolucci.
InOpera 2010-Sulle orme di Padre Matteo Ricci non presenta opere illustrative o didascaliche dei testi in esame, ma un’elaborazione personale alla ricerca di possibili corrispondenze e affinità con il testo ricciano. Si parte dalla premessa che ogni artista deve essere stato stimolato ad orientare la propria attività personale verso la ricerca di un’ originale sintesi fra vocazione artistica e tensione dialogica. Ed è per questo che ogni opera esposta può essere vista come il luogo del confronto fra due differenti istanze egualmente storicizzante nel trattato del gesuita maceratese: l’estraneità, come cifra della differenza, e l’ospitalità, come sua traduzione in un sistema di simboli e di rituali.
Dell’Amicitia è la prima opera scritta in lingua mandarina dal gesuita p. Matteo Ricci (Macerata 1552-Pechino 1610). Il testo è uno strumento essenziale per la conoscenza della cultura europea nella Cina dei Ming, ma è anche un trattato che indaga il carattere dinamico della relazione “io-tu”, la quale è forma e, ad un tempo, contenuto dell’amicizia fra le persone e fra le culture. Il tema dell’amicizia occupa un posto singolare nella cultura cinese, essendo uno dei vincoli sociali da cui dipendono il funzionamento della società e dello stato.

 

La luce di Craveggia

Craveggia, dal 24 luglio al 19 settembre 2010

Craveggia, uno dei sette comuni che compongono la Valle Vigezzo in Piemonte conosciuta anche come la Valle dei pittori, è il luogo scelto dal Maestro giapponese Kengiro Azuma per manifestare l’essenza della sua arte. Dal prossimo 24 luglio si potranno vedere, presso le sale espositive dell’Archivio Storico Museo, venti opere che ripercorrono la produzione del geniale scultore, legato in modo particolare a questo paese da più di 35 anni e all’ Italia da 54.
Una mostra intimista e irripetibile, curata dall’architetto Anri Ambrogio Azuma, che guida lo spettatore verso la filosofia zen e la ricerca del MU. “Il mio processo della scultura inizia con i disegni. Eseguo decine e decine di disegni inseguendo l’idea che vorrei esprimere. Quando mi distacco dal disegno su carta e inizio la costruzione / creazione, l’opera viene da sé, si può dire quasi inconsciamente. Ma dato che non si esegue nulla senza la coscienza, può darsi che vi sia la coscienza / consapevolezza in qualche parte della mia testa. Comunque, il fatto è che l’opera viene fuori senza nessun tentennamento durante il suo processo.”  In questo modo sono nate le 20 opere in bronzo che compongono la mostra di Craveggia. Una rassegna rappresentativa della produzione dell’artista dagli anni 50’ ad oggi,  dove troviamo opere MU (nulla-infinito), altre della serie YU (pieno-finito) e alcuni gatti del  suo piccolo Zoo Zen. Di grande rilievo è il suo lavoro sul tema MU che viene spiegato così dal Maestro: “Da 14 anni continuo il mio lavoro con il tema MU (vuoto-nulla). Spesso mi è stato chiesto: ‘Vuole spiegare il suo MU?’ ma io stesso non ne avevo la precisa comprensione e di conseguenza non ero in grado di dare una spiegazione esauriente. Recentemente mi sto rendendo conto che proprio il fatto di non riuscire a compredere bene ciò né a spiegarlo, proprio questo era il MU.”
Eccezionale è anche il piccolo Zoo Zen di Azuma: è nei suoi animali che lo scultore cerca la perfezione Zen. Questi animali sono scolpiti non come una semplice rappresentazione della natura, ma come se fossero opere della natura. Alcuni dei suoi gatti si collocano perfettamente nello spazio a loro assegnato, sia all’interno che all’esterno del Museo. 

Kengiro Azuma nasce il 12 marzo 1926, a Yamagata, al centro-nord del Giappone, a 400 chilometri da Tokyo, da una famiglia di abilissimi e stimati artigiani del bronzo.
Si arruola nell’ottobre del 1943 nella divisione aeronautica della Marina Militare Imperiale pronto per missioni suicide, ma la bomba su Hiroshima e la fine della guerra decidono altrimenti.
Nell’ aprile del 1949, a Tokyo si iscrive al primo corso della Sezione di Scultura dell’ Università Nazionale d’Arte “Geidai”. La sua sarà una formazione accademico-classicista improntata soprattutto sulla scultura francese tra Ottocento e Novecento (Rodin, Bourdelle, Despiau, Maillol).  Nel 1956, ottenuta la borsa di studio del Governo italiano, parte per Milano. Frequenta il corso di scultura tenuto da Marino Marini all’Accademia di Belle Arti di Brera e, nel giugno del 1960, ottiene il diploma e diventa assistente personale del Maestro con il quale rimarrà fino al 1979.
Attualmente vive e lavora a Milano.

 

Sassu in Abruzzo – Il nuovo Museo di Atessa

210 opere su carta dal 1927 al 1992
a cura di Alfredo Paglione ed Elena Pontiggia
PALAZZO FERRI – ATESSA (CH)
Inaugurazione 5 agosto 2010

Atessa (Ch) 19  luglio 2010. – L’apertura del nuovo Museo Sassu di Atessa, già annunciata per il 17 luglio, nella splendida cornice dell’antico Palazzo Ferri, è ora fissata per le ore 18.00 del 5 agosto 2010.
Novanta lavori su carta, per lo più inediti – disegni, acquerelli, pastelli e tempere – con centoventi opere grafiche scelte – acqueforti, acquetinte, litografie e serigrafie – costituiscono l’importante collezione di Alfredo e Teresita Paglione che, affidata alla città di Atessa, permette di aprire il nuovo Museo Sassu nel decimo anniversario della scomparsa del grande Maestro del Novecento.
La rassegna ripercorre le tappe più importanti della vita e della produzione artistica di Aligi Sassu a partire dalle opere futuriste del 1927-28, per poi soffermarsi sui lavori degli anni ’30, tra cui i famosi Uomini rossi e i Ciclisti, i Caffè, le Battaglie, i disegni del carcere di Fossano realizzati tra il 1937 e il 1938, le Crocifissioni e i Concilii degli anni ‘40, fino alle Corride spagnole degli anni ‘60.
Aligi Sassu, scomparso il 17 luglio 2000 a Pollença (Mallorca, Spagna), viene ricordato quest’anno con tre significativi eventi: la mostra presso il Museo di Villa Urania a Pescara, in corso sino a settembre, incentrata sulla produzione in ceramica e l’apertura dei due nuovi musei a lui dedicati ad Atessa, in Abruzzo, e a Thiesi, in Sardegna, dove trascorse alcuni anni della giovinezza.
La città di Atessa con la nascita del nuovo museo rende omaggio all’artista sottolineando il profondo legame con la terra d’Abruzzo: nel 1964 vi realizza una grande opera murale “Il Concilio Vaticano II” presso la Chiesa di S. Andrea a Pescara, nel 1987 in anteprima  assoluta espone la “Divina Commedia”, una raccolta di 112 olii, al Castello Gizzi di Torre De’ Passeri (Pe) e nel 1997 realizza la mostra di arte sacra con cui viene aperto il Museo dello Splendore di Giulianova. Qualche anno dopo, nel 2003, presso la Fondazione Carichieti viene inaugurata la mostra permanente de “I Promessi Sposi”, 58 straordinari acquerelli ispirati al celebre romanzo di Alessandro Manzoni, opere donate dai coniugi Alfredo e Teresita Paglione alla città di Chieti.
Il catalogo del nuovo Museo Sassu di Atessa, edito da Silvana Editoriale, contiene testi  di Giulio Borrelli, Elena Pontiggia, Elsa Betti e un’intervista di Giovanni Gazzaneo ad Alfredo Paglione, noto gallerista e cognato del Maestro.

Aligi Sassu, nato a Milano il 17 luglio 1912 da padre sardo e madre emiliana, è stato un artista estremamente precoce. Scoperto da Marinetti, partecipa all’età di soli sedici anni alla Biennale di Venezia del 1928, nella sala riservata ai Futuristi, con due opere Nudo plastico e l’Uomo che si abbevera alla sorgente.Lo stesso anno firma insieme a Munari il manifesto Dinamismo e riforma muscolare, rimasto inedito fino al 1977. A Parigi ha l’opportunità di studiare da vicino l’opera di Matisse, Gericault, Cézanne, Delacroix. Nasce così la sua passione per la pittura dell’Ottocento francese e la predilezione per il soggetto del caffè, tema ricorrente in molte sue opere.
Oltre l’amore per l’arte e la poesia, Sassu manifesta il suo impegno politico in opere come la Fucilazione delle Asturie, dove si fa evidente la sua posizione antifranchista. L’impegno nella lotta contro il fascismo e la partecipazione alla diffusione di stampa clandestina, lo porteranno all’arresto nel 1937 con l’accusa di complotto e sovvertimento dell’ordine dello Stato. L’anno dopo gli viene concessa la grazia regia ma, come sorvegliato speciale, dovrà aspettare il 1941 perché possa nuovamente esporre le sue opere.
Nel 1964 si trasferisce a Mallorca, considerata come una seconda Sardegna. Nascono in questo periodo le Tauromachie, opere con i paesaggi dell’isola e con soggetti mitologici. Sassu realizza nel 1973 le scenografie dei Vespri Siciliani per la riapertura del Teatro Regio a Torino, con la regia di Maria Callas. Nel 1984 viene organizzata una sua antologica a Palazzo dei Diamanti di Ferrara poi trasferita in Castel Sant’Angelo a Roma; sempre lo stesso anno viene allestita un’altra grande antologica a Palazzo Reale a Milano. Le sue opere vengono esposte a Siviglia, a Madrid, a Toronto, a Montreal ed a Ottawa, a San Paolo, a Bogotà e a Buenos Aires.
Nel 1986 espone a Palma di Mallorca, alla XI Quadriennale di Roma, alla Triennale di Milano e alla Casa del Mantegna a Mantova. Nello stesso anno termina il lavoro sulla Divina Commedia, opera composta di centododici tavole. Tre suoi dipinti vengono acquistati dal Museo Puskin di Mosca. Nel 1993 completa I Miti del Mediterraneo, murale in ceramica di 150 metri quadrati, per la nuova sede del Parlamento Europeo a Bruxelles. L’anno successivo presenta Manuscriptum, una cartella con incisioni destinata alla mostra itinerante in Svezia “I ponti di Leonardo”. Il 17 luglio 1999, in occasione del suo ottantasettesimo compleanno si inaugura una grande antologica in Palazzo Strozzi a Firenze. L’anno dopo, la sera del 17 luglio 2000, Aligi Sassu muore nella sua casa di Can Marimon a Pollença.

La collezione di Alfredo e Teresita Paglione, collocata nel nuovo Museo Sassu di Atessa, non è che una tappa del percorso iniziato nel 2000 quando il mecenate abruzzese, a seguito della chiusura della sua galleria di Milano “Appiani Arte Trentadue”, decide di fare dono di buona parte del suo patrimonio, di centinaia d’opere, alla sua cara Regione. Si tratta di una collezione dai caratteri ben definiti, organica, coerente, che si distingue per l’idea di  bellezza, principio indiscusso di oltre quarant’anni della sua attività nel mondo dell’arte. Già qualche anno fa Alfredo Paglione raccontava a Giovanni Gazzaneo la sua volontà di distribuire le opere sul territorio piuttosto che concentrarle in un unico museo “per raggiungere il maggior numero possibile di visitatori, soprattutto giovani. Aprendo nuovi musei ho voluto diffondere l’amore per l’arte e la poesia. E’ come se accendessi dei piccoli fuochi, come se piantassi degli alberi. Mi auguro che vengano ben accolti, alimentati e fatti crescere nel tempo, per aiutare i giovani a ricercare la bellezza che, com’è stato per me, li farà vivere meglio e risponderà alla loro sete di grandi orizzonti”.

Scheda Tecnica
Museo Aligi Sassu
a cura di Alfredo Paglione ed Elena Pontiggia
Sede: Palazzo Ferri
Inaugurazione: 5 agosto ore 18.00
Ingresso: gratuito
Indirizzo: Corso Vittorio Emanuele, Atessa (Ch)
Info e prenotazioni: 0872850421
Catalogo: Silvana Editoriale

 

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Ufficio Stampa: Ku.Ra Comunicazione, Rosi Fontana
Via Garibaldi 63, Pisa, Italy
T. +39 0509711343 – Fax +39 0509711317

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