Marcello Fonte – il talento di un “canaro”

«Prima parlavo solo calabrese, poi ho imparato l’italiano e adesso spero di imparare lingue straniere».

(Marcello Fonte)

 

Dogman è l’ultimo film realizzato da Matteo Garrone, regista romano classe 1968 già autore  di Gomorra (2008) e con Reality (2012).

La pellicola è ispirata al caso di cronaca nera del “canaro della magliana”, ovvero la storia di Pietro De Negri e del suo efferato delitto avvenuto a Roma nel 1988.

L’attore protagonista della pellicola è Marcello Fonte, nome non noto, interprete fin ad ora di piccoli ruoli, ma che grazie a questa sua grande interpretazione ha appena ricevuto a Cannes il premio come miglior attore.

Nato nel 1978, nato e cresciuto in una baraccopoli in provincia di Reggio Calabria, ultimo di cinque fratelli, è arrivato a Roma negli anni ’90 spinto dal fratello scenografo.

Marcello ha fatto tutti i lavori possibili approdando al teatro come custode presso il Teatro Fort Apache, compagnia teatrale formata da detenuti ed ex-detenuti, sostituendo poi un giorno all’improvviso un attore venuto a mancare proprio sul palco.

Scelto perché ormai sapeva le battute da recitare a memoria, da lì si può dire abbia inizio la sua carriera.

Nel curriculum vitae c’è un pò di tv, e un pò di cinema, tante tante comparsate in numerosi film (come quella in Gangs of New York di Martin Scorsese), poi una piccola parte in Corpo Celeste di Alice Rohrwacher, una un pò più grossa in Io sono tempesta di Daniele Luchetti, fino all’ultima  strepitosa interpretazione in Dogman.

Mite e mansueto come appare nei panni del suo personaggio, Marcello si presenta timido e imbarazzato.

La sua vita, e la sua carriera, sono improvvisamente cambiate.

Una brusca accellerazione che dalle strade dalla croisette l’ha portato a casa come un eroe.

Dopo aver girato in lungo e largo lo stivale è rientrato in Calabria,a riabbracciare sua mamma Pina.

In merito al film di svolta Marcello racconta che le cose si possono fare e i sogni realizzare senza scuse.

Rivela che non pensava minimamente di poter vincere la palma d’oro, è che era già tanto poter essere finito a Cannes, tra lusso e storia del cinema.

Ma dice che tutto questo non lo cambierà, Marcello Fonte era e Marcello Fonte resterà.

Ora i media si sono accorti e catalizzati su di lui, sperando che gli applausi scroscianti ricevuti in Francia non siano solo l’epilogo di una tenera fiaba, quella del bambino che suonava il tamburo nella banda del suo paese e adesso si gode il suo momento d’oro, ma che sia l’inizio di una carriera piena di ruoli affascinanti e interpretazioni magistrali, così come è stata l’ultima nel film di Garrone.

Quando a Cannes Roberto Benigni legge il suo nome decretandolo vincitore del premio Marcello sembra non aver capito, ma invece poi racconterà di essersi fermato qualche secondo dopo aver sentito il suo nome solo per godersi quel momento di felicità.

Con la palma d’oro in mano racconta al microfono una frase che hanno mostrato tutti i telegiornali d’Italia: «da piccolo, quando ero a casa mia, pioveva sopra le lamiere, e io chiudevo gli occhi, mi sembrava di sentire gli applausi, invece adesso li apro, e quegli applausi siete voi e c’è un calore che è come una famiglia».

Il suo discorso di ringraziamento ha emozionato il pubblico del Palai (e non solo) e al suo rientro a Roma Marcellino, come lo chiamano gli amici, è stato accolto come un divo.

Minuto e spigoloso, un viso che quasi sicuro sarebbe tanto piaciuto a Pasolini, questo ragazzo convinto che «povertà e ricchezza siano solo una questione mentale” ama il teatro perché “nella recitazione c’è più verità che nella vita reale».

 

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