Vittime dell’acido

Stando ad un rapporto di quattro anni fa sulle violenze con l’acido avvenute in India, Bangladesh e Cambogia, pubblicato da Avon global center for women and justice della Cornell Law School, ben 153 sono stati i casi fra il 2002 ed il 2010 nella sola India. 4fLa situazione, col passare del tempo, non accenna a migliorare non solo qui, ma anche in Asia meridionale, nell’Africa subsahariana, nel Medio Oriente e nella stessa Europa. Non si tratta infatti di un fenomeno geograficamente limitato né di una conseguenza di un certo estremismo religioso: quello delle violenze con l’acido è un problema dalle dimensioni enormi di portata mondiale, le cui vittime sono principalmente donne e bambine ed i carnefici quasi sempre parenti o individui a loro vicini.

Emblematica è la storia di Laxmi Saa, ragazza indiana il cui volto è stato sfregiato per sempre all’età di 15 anni: una mattina del 2005, mentre si recava a lavoro, la giovane è stata aggredita da un 32enne il quale le ha gettato in faccia un secchio di acido. La ragione del gesto inaccettabile era contenuta tutta in un rifiuto: Laxmi infatti non voleva sposarlo semplicemente perché non lo amava.

Nonostante il dolore straziante, la rabbia e la vergogna, col passare del tempo la ragazza ha trovato la forza di proseguire la sua vita normalmente ed ha deciso di prestare il suo aiuto alle altre donne che condividono la stessa sorte. È stato così che Laxmi ha accettato di prendere parte alla campagna fotografica Stopacidattacks, promossa dall’omonima associazione che si interessa della tutela delle donne violate dall’acido, troppo spesso lasciate sole, prive di supporti medici e psicologici e di leggi adeguate che le tutelino. Scopo dunque della campagna, oltre a quello di contrastare tale forma di violenza, è stato soprattutto quello di fornire vicinanza, aiuto concreto e  protezione alle vittime. Infatti, oltre a ben evidenti conseguenze fisiche, quali la deturpazione, la violenza con l’acido comporta una serie di problemi sociali e psicologici per le donne, in quanto hanno poi serie difficoltà nel trovare un impiego, nel mettere su una famiglia e sono altresì soggette ad ansia, stress e depressione.

Assieme ad altre quattro donne indiane sfigurate a vita, Laxmi ha mostrato tutto il proprio splendore di fronte all’obiettivo di Rahul Saharan. Le cinque donne, con indosso gli abiti creati da una di loro la quale ha sempre desiderato essere una designer, sorridono senza paura né vergogna, mostrando tutta la loro femminilità ed il loro orgoglio, nonostante i segni evidenti della violenza, un tempo nascosti accuratamente. Il fotografo, ritraendole, ha ricordato loro una sacrosanta verità: “Non lasciate che gli altri vi dicano cos’è la bellezza. Voi siete belle, ogni donna è bella”.

 

 

 

Michela Graziosi

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