La nascita scettica del nuovo governo italiano

La nascita del nuovo governo italiano è stata accompagnata ed accolta, dai partner internazionali, con un mix di diffidenza e di scetticismo, appena mitigato e mascherato, a insediamento avvenuto, da attestati di stima e rispetto scontati e da manifestazioni di piena disponibilità a lavorare insieme inevitabili. L’Ue e la Nato, cioè le organizzazioni multilaterali in cui l’Italia è inserita, ma anche Francia e Germania, Usa e Russia, Egitto e Libia, tutti sono curiosi, e preoccupati, di vedere come si muoverà l’Italia di un ‘governo del cambiamento’ così pubblicizzato che non potrà prevedibilmente esimersi dal darne qualche segnale. Anche se gli azionisti di maggioranza dell’Esecutivo, Movimento 5 Stelle e Lega, dovessero avere tentazioni gattopardesche, una volta preso il potere, dovrebbero comunque mascherarle dietro il paravento di qualche novità.

 

Inesperienza e faciloneria potrebbero suggerire d’innescare il cambiamento dalla politica estera, che in genere muove di meno le emozioni elettorali. Ma perdere credibilità in Europa e nel Mondo, ammesso che sia ulteriormente possibile – e lo è -, può avere conseguenze economicamente pesanti anche nel breve termine – come l’andamento dello spread ha dimostrato nelle fasi più convulse della crisi politica -.

 

Ora, il governo Conte nasce con l’intruso, o con la foglia di fico, proprio agli Esteri, perché davvero non si capisce che cosa c’entri, con questa formazione di partiti e di ministri, Enzo Moavero Milanesi, giurista, persona squisita, funzionario eccellente e già ottimo ministro degli Affari europei nei governi Monti e Letta.

 

Qui, Moavero, elemento di garanzia del presidente della Repubblica Sergio Matterella, appare fuori contesto e in rotta di collisione potenziale con il ministro per gli Affari europei, quel professor Paolo Savona intorno a cui hanno ruotato i sussulti politici di fine maggio.

 

Quando nasce un governo, i partner europei e internazionali, per misurarne a spanne credibilità e solidità, guardano per prima cosa a chi sono il premier e i ministri degli Esteri, dell’Economia e della Difesa, oltre che – in ambito europeo – a quello degli Affari europei, quando c’è.

 

In questo caso, tre posizioni chiave sono occupate da personaggi tutti ‘da scoprire’, che non hanno, al di là dei reciproci ambiti professionali specifici, esperienze politiche nazionali e/o internazionali, anzi non hanno proprio esperienze politiche: ci riferiamo al premier, professor Giuseppe Conte, ed ai ministri dell’Economia, professor Giovanni Tria, e della Difesa, Elisabetta Trenta, una superstite – sono pochi – del ‘governo ombra’ grillino.

 

Per Conte, c’è l’handicap della rilevanza, avendo come vice i due leader delle forze politiche che hanno stilato il Contratto di Governo e che hanno poi condotto le trattative per la sua formazione. Quale sia la sua autorevolezza e la sua autonomia decisionale, avremo – e avranno, i nostri partner – la possibilità di misurarlo nei prossimi impegni internazionali: il Vertice del G7, a Montreal (Canada), l’8 e 9 giugno, fra meno di una settimana; il Vertice europeo del 28 e 29 giugno, a Bruxelles; e il Vertice della Nato, a luglio, sempre a Bruxelles.

 

Per Tria, ci saranno le riunioni europee dell’Ecofin e dell’Eurogruppo, cioè i Consigli dei ministri dell’Economia dei Paesi – rispettivamente – dell’Ue e dell’euro, essendoci appena consumati gli appuntamenti di primavera dell’Fmi e il G7 dei ministri dell’Economia e delle Finanze. La Trenta avrà i banchi di prova delle missioni militari italiane all’estero, oltre alla preparazione del Vertice della Nato. Poi per tutti c’è, naturalmente, l’intreccio di contatti bilaterali, che, di primo acchito, salvo circostanze particolari, servono ad esprimere reciproci salamelecchi e il desiderio di lavorare insieme.

 

Il nodo da sciogliere, da cui dipende la funzionalità del governo in ambito europeo, è l’interazione – e la compatibilità – tra i ministri degli Esteri e degli Affari europei. Moavero, funzionario europeo di lunghissima e variegata esperienza, capo di gabinetto di Monti alla Commissione europea, vice-segretario generale della stessa Commissione, giudice alla Corte di Giustizia di Lussemburgo, e poi ministro a due riprese, ha una competenza europea eccezionale, riconosciutagli in ogni istituzione e/o capitale dell’Unione, e ha la preparazione e la capacità per misurarsi su scala mondiale, pur se dovrà acquisire dimestichezza con aree di crisi attuali e acute come le relazioni transatlantiche o i- un sempre verde – il Medio Oriente.

 

Il suo europeismo, che punta a migliorare e approfondire l’integrazione, suona però contraddittorio con l’atteggiamento euro-critico, quando non euro-scettico, delle forze politiche che sostengono questo governo e di molti suoi colleghi ministri. Resta da vedere in che misura potrà esercitarlo. Se non potesse farlo, il suo essere un intruso politico e una foglia di fico dell’euroscetticismo altrui diventerebbe palese e insostenibile.

 

E qui entra in scena Savona, il cui inserimento agli Affari europei, pare un accantonamento, oltre che una contraddizione: una partenza con l’handicap per un personaggio tanto autorevole quanto difficile (per carattere). Nel recente passato, i governi con un ministro per gli Affari europei – Monti e Letta – gli hanno affidato competenze di negoziato con i partner tradizionalmente attinenti al ministro degli Esteri: se questo è il modello Conte, Savona, ‘espulso’ dall’Economia in quanto ‘anti-euro’, si troverà a essere l’uomo di punta sull’Ue di questo governo, mentre Moavero sarebbe limitato nell’esercizio proprio delle sue competenze migliori.

 

In altri casi, quando c’era un sottosegretario per gli Affari europei, come nei governi fino al 2011, e poi di nuovo nei governi Renzi e Gentiloni, il ruolo era quello di trasporre la normativa comunitaria nella normativa italiana, senza praticamente interferire nei negoziati sulle disposizioni comunitarie in fieri; oppure –è stato il caso con Renzi e Gentiloni– la competenza europea era in qualche misura sottratta al Ministero degli Esteri ed esercitata da Palazzo Chigi, anche tramite il sottosegretario (Sandro Gozi è stato molto attivo in tale ruolo, fin quando il suo rapporto con Renzi è stato buono).

 

Ora, se nel modello Monti-Letta – e in misura minore in quello Renzi-Gentiloni -, il ruolo europeo di Moavero sarebbe limitato, nell’altro modello il ruolo di Savona, sul fronte europeo, sarebbe marginale, quasi impercettibile: i partner dell’Ue avrebbero poche occasioni di confrontarsi con lui, che potrebbe al più interloquire con la Commissione sulla gestione delle procedure d’infrazione.

 

Il dubbio, e la contraddizione, restano: sull’Europa, un governo ‘alla Savona’ dietro il paravento Moavero?, o un governo che s’affida a Moavero e mette la sordina a Savona? Lo capiremo presto, noi e i nostri partner. Come scopriremo presto il valore e il peso internazionale dei professori Conte e Tria e della Trenta.

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