Dov’è lo Stato?

LeviatanoCosa resta del corteo di protesta tenutosi a Roma lo scorso sabato? Risposta: fino a l’altro ieri, quattordici tende posizionate all’interno del parcheggio del Ministero delle Infrastrutture a Porta Pia, più una cinquantina di persone che manifestavano davanti gli occhi vigili di alcuni blindati della polizia. Ora invece, le tende non ci sono più. Restano i manifestanti,  il malcontento e la voglia di continuare. «Stiamo lasciando il presidio a Porta Pia perché ci sembra insufficiente, rispetto ad un governo schiacciato sempre di più sui poteri forti, ma la lotta continua», queste le parole di un rappresentante dei Movimenti per il diritto all’abitare. Le ragioni della contestazione sono svariate e provengono da voci diverse: non solo il problema della casa, ma anche quello delle lotte territoriali (No Tav, No Expo, No Muos), cui si uniscono le proteste degli immigrati. Il minimo comune multiplo ci sembra evidente: la mancanza della presenza dello Stato nella vita dei cittadini o di coloro che aspirano ad esserlo. Siamo paradossalmente agli antipodi del progetto comunista che si riassumeva nella parola d’ordine di “estinzione dello Stato”. Oggi, quell’apparato monopolizzatore della forza, che governa la società, è reclamato a gran voce proprio da chi non siede ai vertici del potere e si trova in strada a scioperare. E’ forse giunto il momento della rivincita del Leviatano? Il filosofo inglese Hobbes paragona infatti la forza del mostro marino descritto nell’Antico Testamento, con il potere assoluto dello Stato. Nel suo celebre trattato di filosofia politica omonimo, egli compara il potere dello Stato alla devastante forza di questa creatura del mare, necessaria al mantenimento della pace e dell’ordine. Eppure lo Stato non è una forma di organizzazione perenne e permanente della società umana. Sono infatti esistite in passato società in cui il monopolio della forza non esisteva: la storia ha conosciuto società primitive, città stato, imperi, società feudali, monarchie assolute per poi giungere allo stato moderno, nato e sviluppatosi con l’avvento del capitalismo. Quest’ultimo ha mostrato tutte le sue contraddizioni, svelando un’incapacità di fondo nel poter superare i particolarismi e l’arbitrarietà di una minoranza di eletti; una caratteristica che avrebbe dovuto differenziarlo dalle precedenti forme di potere. Quale paese occidentale meglio dell’Italia è in grado di mostrare come spesso uno Stato possa arrivare a proteggere gli interessi di pochi a discapito dei molti? Non è un caso che i manifestanti di Porta Pia chiedano il ritorno ad uno stato più garantista, slegato dall’incontenibile cupidigia della nostra classe politica, che ha ormai rivelato una sostanziale incapacità nella risoluzione di questioni semplici, quali il problema del diritto alla casa. Possibile che i politici, quelli che “gestiscono la baracca”, continuino a pavoneggiarsi in quanto campioni del dibattito televisivo e niente più? Compaiono h24 in TV, ma temono le piazze, i luoghi in cui la stessa politica ha avuto origine. Certo qualcuno ha provato a farlo, giocandosi la carta del dialogo diretto e della cooperazione con le masse, (pensiamo al Movimento 5 Stelle), ma facciamo ancora fatica a constatare la concreta depurazione della parte marcia del sistema statuale da questi annunciata. Porta Pia è solo l’inizio di un autunno che si preannuncia caldo per le proteste. Ci sono troppe domande che non hanno al momento un’adeguata risposta. Se poi il Leviatano dovesse abbandonarci del tutto, prepariamoci a essere ancora più vassalli di quanto già non siamo, perché il ritorno al feudalesimo è dietro l’angolo.

Silvia Di Pasquale

 

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