È davvero la più bella.Quanto gli Italiani conoscono (e rispettano) la Costituzione

Alcuni vorrebbero modificarla per renderla più moderna e al passo con i tempi che corrono. Altri, invece, si ergono (o fingono di ergersi) a suoi strenui difensori e sono contrari ad ogni manipolazione o modifica. Altri ancora, come Roberto Benigni, la considerano la migliore di tutte, la più liberale e ispirata. Ma quanti Italiani conoscono veramente la Costituzione, la carta fondamentale che sancisce diritti e doveri dei cittadini della nostra Nazione? Innanzitutto è una delle più recenti d’Europa, essendo nata nel dopoguerra, ed è figlia della sofferenza e della lotta, crudele e terribile, per la riconquista della libertà e della dignità di un popolo. Pietro Calamandrei, uno dei padri della nostra Costituzione, in un discorso ai giovani della Società Umanitaria tenutosi a Milano nel 1955, spiega così la sua nascita. “Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Le parole di Calamandrei svelano il sacrificio tremendo di donne e uomini che hanno sofferto e sono morti per rendere l’onore e la dignità all’Italia. Ad essi bisognerebbe portare più rispetto, lo stesso che si dovrebbe avere nei confronti di coloro che hanno creduto in quel sacrificio e hanno scritto le regole fondamentali del vivere civile italiano, affinché la barbarie non si ripetesse. Questo rispetto si concretizza, naturalmente, nella conoscenza e nell’ossequio alla Costituzione. Purtroppo sono insiti nel nostro cuore il campanilismo, la consorteria, la corruzione e il menefreghismo e spesso dimentichiamo cosa vuol dire veramente essere Italiani. La colpa non è solo di una classe dirigente per nulla convinta e convincente, che somiglia molto di più ad un’armata Brancaleone dei “soliti” furbi, piuttosto che all’ancella della Costituzione ma anche di un popolo stanco, che ha perso quella speranza che non aveva il diritto di perdere. Non tutti forse sanno che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e che, in essa, il potere appartiene al popolo che lo esercita nei limiti della Costituzione. Non può saperlo, in un Paese in cui il popolo non sceglie neanche più i suoi rappresentanti, che sono imposti dalla politica . Ma la Carta sa essere anche poetica. Garantisce i diritti inviolabili dell’uomo ma (incredibile) richiede ai suoi cittadini l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge ma, addirittura, la Repubblica si impegna ad abbattere gli ostacoli sociali ed economici che impediscono l’uguaglianza e la partecipazione all’organizzazione politica ed economica del Paese da parte dei cittadini. Di certo le disparità tra nord e sud, o quelle tra classe dirigente e popolazione non erano gli obiettivi dei padri costituenti. Ancora, la Repubblica garantisce il diritto al lavoro e favorisce le condizioni necessarie all’adempimento di questo diritto; ogni uomo ha diritto di svolgere un lavoro che concorra al progresso materiale o spirituale della società. È davvero commovente, soprattutto al pensiero di come queste straordinarie e poetiche idee siano state violentate dalla corruzione e dalla furberia di questo Paese meschino, che oggi affronta una crisi profondissima, in cui regna la disoccupazione e la disperazione. La Repubblica, poi, è una e indivisibile e favorisce le autonomie locali e il decentramento. Grandi uomini lo hanno detto più di sessant’anni fa, oggi ancora se ne discute e l’ironia sta nel fatto che a proporla sia un partito apertamente secessionista come la Lega. Non è finita. La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica, tutela il patrimonio storico e artistico della Nazione. Esattamente il contrario di quello che stanno (stiamo) facendo con i tagli e la fuga dei cervelli, con il pietoso stato in cui versano oggi gli scavi di Pompei o le mura medievali di Volterra, distrutte dall’alluvione. L’articolo 11 invece dichiara che l’Italia ripudia la guerra come mezzo di offesa alla libertà degli altri popoli e come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. In onore a questo articolo, siamo stati 10 anni in Iraq e in Afghanistan, per curare gli interessi degli Stati Uniti che dovevano vendicare un attentato terroristico e supervisionare i loro loschi affari economici. Chiude la sezione dedicata ai principi fondamentali della Costituzione l’articolo 13, che afferma che la bandiera italiana è il tricolore, formato da tre bande verticali di colore verde, bianco e rosso della stessa larghezza. Questo è stato rispettato ma forse è un po’ poco!

 

Patrizio Pitzaliscostituzione_italiana

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