Il Mentoring aziendale

Analizziamo una figura attualmente molto quotata. Progetti di mentoring sono attuati in ambienti diversi, pubblici e privati, con finalità di miglioramento professionale, ma anche di empowerment e di trasmissione per adesione della cultura aziendale.

Il/la Mentore è generalmente un collega senior, esperto, non gerarchicamente sovraordinato, selezionato oltre che per il curriculum professionale, per le attitudini alla condivisione dei saperi, alla collaborazione e disponibilità verso i colleghi, ben inserito e motivato nella filosofia aziendale.

Il suo intervento è centrato sullo sviluppo di carriera e sul sostegno psicosociale d’inserimento del nuovo elemento nell’ambiente professionale e si concretizza aiutando il mentee in un periodo medio lungo, ad identificare i suoi punti di forza e di debolezza, le criticità rispetto alle capacità necessarie al ruolo che si è richiesti ricoprire, individuare i margini di miglioramento e non ultimo trasmettere la cultura organizzativa e la filosofia dell’azienda in cui si lavora, facilitando l’integrazione .

Positivi progetti di mentoring sono stati avviati in vari contesti in diversi Paesi, anche in Italia, rivelandosi particolarmente efficaci ove fosse necessario un programma di tutela e rafforzamento di lavoratori per categoria di genere o anagrafica.

Da questa pratica l’azienda si avvantaggia in termini di efficacia (disponendo immediatamente della nuova forza), in termini di costi (abbattendo parte dei costi di formazione), in termini di miglioramento del clima aziendale, stemperando possibili frizioni tra “categorie differenti” ed instaurando una fluida comunicazione veicolata dal mentore che si farà via, via sempre meno incisivo. Il/la mentee ne trae vantaggio per l’accoglienza, la fiducia, la motivazione che il sostegno emotivo e professionale genera. Il/la mentore, a sua volta, perché può condividere con un junior il suo percorso professionale, attestandone così anche il prestigio ed il successo raggiunto. La criticità maggiore di tale pratica è forse proprio connaturata all’intensità della relazione. Prevenire possibili accoppiamenti infelici tra mentore e mentee si possono attuare verificando intanto il profilo psicologico del mentore che deve propriamente ricoprire il ruolo di facilitatore non imperativo, che esista massima distanza organizzativa e gerarchica tra i due e che la scelta sia effettivamente basata su preferenze informalmente espresse e non imposta.

Nonostante gli indubbi benefici del mentoring, soprattutto nell’inserimento di giovani, donne e riconvertiti, le organizzazioni sono ancora piuttosto restie ad utilizzarlo appieno.

Uno dei motivi è l’apparente “perdita di tempo” sottratto alla produttività per attività di formazione, mentre, come abbiamo ben visto, ai programmi di tutoraggio manca la funzione di agevolazione e intermediazione con la cultura aziendale, fattore determinante nell’imprinting delle carriere.

Ma forse ciò che si teme, in realtà, è l’instaurarsi di un sano spirito lobbistico di scambio e collaborazione….

 

 

Sabrina Cicin

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