L’Art Déco protagonista degli anni ruggenti

thumbnail_arte-art-deco-672-gli-anni-ruggenti-in-italia-forliEclettismo e mondanità, elementi di un gusto di eco internazionale, in un inconfondibile stile di vita sorto in Italia ed in Europa dagli anni Venti del XX secolo, e giunto anche oltreoceano dopo il 1929. È lo stile Art Déco, frutto di un linguaggio e di una produzione artistica che hanno animato gli “anni ruggenti”, raccontati all’interno di una mostra dedicata, in avvio il prossimo 11 febbraio ai Musei di San Domenico a Forlì.

A cura di Valerio Terraroli, il progetto approfondisce gli aspetti del patrimonio di arti decorative a carattere Déco in suolo italiano, con uno sguardo anche alle arti figurative della pittura e della scultura. Forme classiche e misurate, inglobate in una maniera modernista, geometrica e ricercata, segnano il periodo di sviluppo di questo “Stile 1925”, trovando nell’Esposizione Universale di Parigi delle arti decorative ed industriali moderne un’ottima occasione di visibilità e lancio. L’Art Déco si realizza come stile moderno nel campo delle arti applicate, nell’intento di restituire valore alla produzione di mobili ed oggetti d’uso, che la fine dell’Art Nouveau aveva dirottato verso l’imitazione di stili antecedenti.

La mostra ospitata a Forlì ripercorre lo scenario di vicende storico-culturali che hanno investito gli anni tra il primo dopoguerra italiano e la crisi del 1929, gli “anni ruggenti” della borghesia europea all’inseguimento del lusso e del piacere del vivere, alla luce del declino di miti ottocenteschi e dell’imitazione di una logica industriale produttiva. L’impronta razionalista dell’Art Déco si costruisce sulla scia delle Avanguardie storiche e della rivoluzione industriale, che conducono al distacco dall’idealismo dell’Art Nouveau, dando vigore al mito della macchina trionfatrice sulla natura. Il repertorio di elementi e caratteristiche dello stile Dèco abbraccia il gusto di sale di cinema, teatri, edifici borghesi, grattacieli, stazioni ferroviarie e transatlantici. Le arti decorative coinvolte risultano numerose, includendo dagli arredi alle ceramiche, dai vetri ai ferri battuti, dall’oreficeria ai tessuti alla moda negli anni Venti e nei primi anni Trenta; ed ancora, la forma delle automobili e degli ingranaggi, la cartellonistica pubblicitaria, la scultura e la pittura in funzione decorativa.

Alla base di tutto questo, l’esposizione offre un richiamo ai movimenti d’Avanguardia del Novecento, ai quali hanno preso parte artisti quali Picasso, Matisse, Lhote, Schad. Spazio altresì ai protagonisti internazionali del gusto, con riferimenti a Ruhlmann, Lalique, Brandt, Dupas, Cartier, alla ritrattistica aristocratica e mondana di Tamara de Lempicka, ed alle sculture di Chiparus, legate al mito della danzatrice Isadora Duncan.

Particolare attenzione è riservata ai riflessi dell’Art Dèco in Italia, imprescindibili da una serie di importanti eventi: le biennali internazionali di arti decorative di Monza del 1923, del 1925, del 1927

e del 1930, oltre alle Expo di Parigi datate 1925 e 1930, ed a quella a Barcellona nel 1929. Oggetti d’arredo, ceramiche, vetri, metalli lavorati, tessuti, bronzi, stucchi, gioielli, argenti ed abiti compongono il panorama di pezzi ricondotti al territorio nazionale, in nome di una linea propria dell’alta produzione artigianale e proto industriale, e nell’ottica della nascita del design e del “Made in Italy”, tra novità ed echi nostalgici.

Il duplice campo della grande pittura e della grande scultura si estende ai racconti delle opere di Galileo Chini, pittore e ceramista, affiancato da maestri del calibro di Vittorio Zecchin e Guido Andloviz, richiamanti Klimt e la Secessione viennese. Presenti anche i lavori dei maestri faentini Domenico Rambelli, Francesco Nonni e Pietro Melandri e le invenzioni del secondo futurismo di Fortunato Depero e Tullio Mazzotti, insieme ai dipinti di Severini, Casorati, Martini, Cagnaccio di San Pietro, Bocchi, Bonazza, Timmel, Bucci, Marchig, Oppi. Meritano segnalazione la produzione della Richard-Ginori dell’architetto Gio Ponti, e gli emblematici esempi francesi, austriaci e tedeschi, prima dell’approdo di questo sistema espressivo agli Stati Uniti ed al Déco americano.

L’universo di linguaggi in mostra abbraccia ancora elementi persiani, giapponesi ed africani, proponendo spunti legati a lontananze ed alterità, ed a sogni e fughe dal quotidiano. Si colgono anche influenze e corrispondenze con il cinema, il teatro, la letteratura, le riviste, la moda e la musica, grazie ad accenni a Hollywood ed a capolavori di autori come Francis Scott Fitzgerald, Agata Christie, Oscar Wilde, Gabriele D’Annunzio.

La mostra si terrà dall’11 febbraio al 18 giugno 2017. Per tutte le informazioni: www.mostrefondazioneforli.it.

Clara Agostini

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