L’Inghilterra senza Cameron

In seguito all’esito del referendum sulla Brexit, il leader del partito conservatore David Cameron annuncia le sue immediate dimissioni, causando fra i Tories una vera e propria campagna elettorale per prendere il posto del premier uscente. Il primo passo per sostituire il primo ministro è stato il ballottaggio tra 330 parlamentari del partito conservatore (la maggioranza dei quali ha votato per il “Remain”); a mano a mano i parlamentari hanno sfoltito gli innumerevoli profili e hanno individuato in Theresa May e Andrea Leadsom le due degne sostitute di Cameron. Nella seconda fase (quella dell’elezione) saranno i 150.000 membri del partito a dover scegliere quale fra le due sarà la rappresentante dei conservatori e in pratica la nuova prima ministra del Regno Unito. La maggioranza dei voti è stata ottenuta dalla May mentre l’euroscettica Leadsom ne ha ottenuto solo 84. La cinquantanovenne ministra degli interni britannica prende il posto di Cameron alla guida del Regno Unito; figlia di un padre anglicano, con studi ad Oxford è sposata senza figli ma prima di entrare in politica lavorava nella Banca d’Inghilterra. In Parlamento è stata eletta nel 1997 ma è nel 2002 che diventa la prima donna a ricoprire il ruolo di Segretario Generale del partito conservatore. Nella campagna referendaria per la Brexit ha appoggiato il Remain ma ha comunque scelto di tenere un profilo basso. Entra nella storia d’Inghilterra in un momento difficile e piuttosto delicato poiché in ballo dovrà regolare nuovamente i rapporti con l’Unione Europea in modo da preservare l’accesso al mercato unico. La May deve preoccuparsi anche della forte possibilità di divisone da parte del Galles, Scozia e Irlanda del Nord che al contrario dell’Inghilterra hanno votato per restare nell’Unione europea. Il popolo inglese ha fatto la sua scelta ora la politica può solo negoziare per avere comunque i suoi vantaggi nel rispetto di accordi e privilegi che l’Unione europea gli ha consentito di avere per lungo tempo.

Noemi Deroma

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