“LA VITA E LA MASCHERA: DA PULCINELLA AL CLOWN” L’ARTE DI KOKOCINSKI IN MOSTRA A ROMA FINO AL 1 NOVEMBRE

“Nell’arena si fronteggiano maestosi il torero che lotta contro l’ombra, e un misterioso illusionista”. È l’incipit della mostra “Kokocinski. La vita e la maschera: da Pulcinella al Clown” .
L’uomo che lotta e quello che crea sono le due anime dell’artista, cresciuto bambino in un circo uruguyano, sfuggito alla dittatura argentina prima e cilena poi, approdato in Italia nel ’71 con il bagaglio fatto di cultura sudamericana, spagnola, russa, polacca e italiana.

 

La mostra diventa così la storia di un uomo tormentato, che ha sperimentato su di sé l’esilio, la persecuzione politica, la discriminazione razziale, la “cattiveria del mondo” e dell’artista che la trasforma in arte con quadri, sculture e installazioni in cui la maschera, il clown e Pulcinella diventano protagonisti.

Il clown si affaccia tra il torero e l’illusionista, l’uno drammatico alla Goya, l’altro intriso di luce caravaggesca, con la voce di Sergio Castellitto che rilegge la preghiera del clown che recitava Totò nel film di Mario Mattioli “Il più comico spettacolo del mondo” del ’53, e si materializza misterioso e spirituale nei quadri “E il Clown catturò il cielo”, “Metamorfosi”, “Il figlio del Clown”. Nel mondo tra sogno e realtà di Kokocinski arrivano poi Pulcinella e Petruska.

Il primo è un guitto bonario e un po’ cialtrone, in “Bajo el calor de la luna”, “Ancora un canto”, “Accarezzavamo le stelle”, e Petruska è la marionetta che cerca la sua identità come in “Quello che ho Quello che spero Tutto quello che sono Tutto quello che amo”. Sono leggeri, eterei, poetici, i disegni che raccontano il “sogno” dell’artista e il suo “volo” verso il cielo, patria universale e abbagliante, è drammatica l’installazione “Olocausto del Clown tragico”, e onirica “Non l’ho fatto apposta”, l’altra grande installazione dove protagonisti sono un trombettiere, un angelo, la morte, e un video interpretato da Lina Sastri.

Opere che, dice il Presidente della Fondazione Roma Museo, “si propongono come “spettacolo” della fragilità umana”. Figure inquiete e sofferenti ma piene di speranza, sempre in lotta per difendere il vero senso dell’esistenza”. “Sono cresciuto alla dura accademia della vita”, spiega Kokocinski, ma “vivo un bellissimo destino”.
 

Anna Germano11111

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