Pochi giorni per salvare Reyhaneh

Il web si mobilita per salvare Reyhaneh Jabbari, una 26enne iraniana condannata a morte per aver ucciso, nel tentativo di difendersi, l’uomo che la stava stuprando. ZZZZLa vicenda potrebbe avere un epilogo tragico: la sua impiccagione, fissata per la mattina del 30 settembre 2014, è stata posticipata al 10 ottobre. La ragazza è stata arrestata 7 anni fa, quando aveva 19 anni, per aver ucciso a coltellate un dipendente del Ministero dei servizi segreti iraniano, Marteza Abdolali Sarbandi, che secondo la più ricorrente sintesi delle argomentazioni della difesa, stava tentando di abusare di lei. Reyhaneh confessò l’omicidio subito dopo l’arresto, dichiarando di aver agito per autodifesa; non le fu consentito di avvalersi di un avvocato durante la deposizione, e nel 2009 venne condannata a morte da una corte penale della capitale iraniana. Da giorni è iniziata la corsa contro il tempo per trasformare il rinvio dell’esecuzione della pena in un annullamento. Secondo quanto riportato dall’HuffingtonPost: “Le campagne lanciate nelle ultime ore sui social network stanno raccogliendo migliaia di adesioni in tutto il mondo. Su Twitter in poche ore sono stati pubblicati migliaia di messaggi con l’hashtag #SaveReyhanehJabbari, che chiedono alle autorità di Teheran di fermare il boia e salvare la vita alla 26enne. Una campagna parallela è stata lanciata su Facebook, dove la pagina dedicata a Reyhaneh è seguita da più di 7.500 iscritti e migliaia sono anche i messaggi di solidarietà che vengono pubblicati ogni giorno”. Sholeh Pakravan, madre della ragazza, ha rivolto anche un appello alle “mamme italiane”, ai “politici italiani” e alla Santa Sede: “Chiedo alle mamme italiane di dimostrarmi la loro vicinanza e di attivarsi perché mia figlia torni a casa”, ha dichiarato la Pakravan. “Chiedo ai politici italiani di fare arrivare la mia voce alle autorità iraniane, al Pontefice di pregare per la mia bambina e al Vaticano di mettersi in contatto con le autorità religiose del mio paese, aiutando così una madre disperata”.

Silvia Di Pasquale

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