Un abbraccio atteso 36 anni

Estela de Carlotto, presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, organizzazione che si occupa di rintracciare i bambini prelevati ai genitori “desaparecidos” durante la dittatura militare argentina, ha ritrovato suo nipote Guido dopo più di 35 anni di ricerca. Quest’ultimo, figlio della primogenita Laura – desaparecida nel 1977-, è sposato e vive a Olavarria, nella provincia di Buenos Aires, dove lavora come musicista. E’ nato il 26 giugno 1978 in un centro clandestino di detenzione e ha la doppia cittadinanza argentina e italiana. Alla fine dopo tanto è stato lui a trovarla. Qualcuno gli aveva detto: “Non sei figlio dei tuoi genitori” e lui, lacerato dai dubbi, ha deciso di agire per conoscere la verità. Ha mandato una mail e ha fatto il test del Dna scoprendo di chiamarsi Guido Montoya Carlotto e non Ignacio Hurban. “Per fortuna ho appena fatto un controllo al cuore – la prima dichiarazione della nonna – e va tutto bene. Ora voglio toccarlo, guardarlo in faccia. La sua sedia non sarà più vuota, i portaritratti avranno la sua foto”. Incuriosito dalla ricerca delle abuelas, l’uomo aveva partecipato persino a un concerto che le sosteneva. “Si è compiuta la nostra profezia, queste le parole di Estela – sarebbero stati loro a venirci incontro”. Ignacio ha scoperto chi è in questi giorni, dopo un percorso iniziato a giugno. E’ stata la zia, Claudia Carlotto, responsabile della commissione nazionale per il diritto all’identità a chiamarlo: “Sei il nipote di Estela. E sei anche mio nipote”. Non è mancata alla nonna la telefonata della Presidenta Cristina Kirchner che la conosce bene da anni. “Dimmi se è vero”, ha chiesto quest’ultima a Estela. Poi è stato il momento del pianto. Persino Papa Francesco, argentino come i protagonisti della vicenda, si è commosso. Ma non tutte le nonne hanno avuto la possibilità di poter riabbracciare i loro nipoti prima di morire. Molte hanno lasciato questo mondo senza conoscere la verità, senza godere della gioia di stringere fra le braccia se non le figlie che non hanno fatto mai più ritorno a casa, almeno i nipoti. L’84enne Estela ha visto con i suoi occhi chi non ce l’ha fatta, chi è stata più sfortunata di lei. “Non volevo morire anche io senza riabbracciarlo”, ha detto. Come si legge nelle pagine del Corriere della Sera “Negli elenchi delle abuelas mancano oltre 300 bambini oggi 30enni, partoriti negli anni della dittatura (1976-83) da giovani madri sequestrate in carceri illegali e poi fatte sparire, quindi dati in adozione a famiglie vicine al regime”. Proprio questo è successo a Laura, una studentessa di storia all’università de La Plata, militante dei Montoneros, peronisti di sinistra che dopo il Colpo di stato si sono opposti al regime, pagando con la vita la loro libertà di opinione. “Mia madre non dimenticherà quello che mi hanno fatto e li perseguiterà”, queste le parole di Laura. Ed aveva ragione, perché è quello che Estela ha fatto, dedicando tutta la sua vita alla ricerca del nipote sconosciuto. Una giustizia che è arrivata 36 anni dopo, un po’ troppo tardi per chi ha già patito la sofferenza di perdere ciò che ha di più caro nella vita: una figlia.

Silvia Di Pasquale

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